E’ di ieri lo sciopero degli addetti del call center di poste italiane, UpTime SPA e Gepin Compact. Una manifestazione tenutasi sotto Montecitorio che ha spinto più di cento persone a protestare per salvaguardare un loro diritto, il lavoro. Una vertenza di rilievo nazionale che oramai si protrae da mesi. Lavoratori che chiedono ai vertici di Poste Italiane un tavolo per discutere del loro futuro. Ma ad oggi nessuna risposta è pervenuta. Armati di cappelli di Babbo Natale, di finti pacchi regalo, di fischietti e trombe i lavoratori hanno manifestato la loro indignazione sotto la Camera dei Deputati. Un provvedimento maturato perché circa 700 lavoratori per colpa dell’ormai ex Presidente di Gepin, Enzo Zavaroni, arrestato per bancarotta fraudolenta, non vedono davanti a loro un futuro stabile. Un Sit-in che ha visto impegnati in prima fila tutte le categorie sindacali. “Il cambiamento siamo noi. L’azienda non può non tenerne conto perchè siamo i call center di Poste Italiane e il fatto che oggi i servizi non sono attivi lo dimostra”, urla a gran voce una manifestante. Una lotta che vede i lavoratori da settimane in presidio sotto gli uffici di Poste allEur. “Poste ha portato avanti una gara a ribasso vinta da una società abruzzese, la 3G, che è a rischio fallimento. Insomma ci ha fatto il pacco ma noi non molliamo e lo rispediamo al mittente”, sottolineano i lavoratori. La società vincitrice si è aggiudicata il bando con una netta riduzione dei costi delle chiamate a minuto. Si è passati dai 0,46 euro ai nuovi 0,296 euro al minuto. Un provvedimento che mette in allerta i più esperti e li spinge a dire che Poste Italiane si sta rendendo complice di una possibile gestione illegale del suo servizio di call center. Un dimezzamento della spesa che spingerà lazienda a delocalizzare il lavoro allestero, creando precariato e mobilità in Italia. I principali soggetti a pagarne le conseguenze, come sempre accade, saranno proprio gli utenti di Poste. Una decisione questa che contraddice la politica aziendale, promossa subito dopo essere entrata in borsa. Ad oggi lassunzione delle 8mila persone, di cui la metà è delle stabilizzazioni, sembra una beffa per gli operatori della Uptime. La SPA che da 12 anni gestisce i call center, pur facendo parte dell’organigramma di Poste, non potrà contare su di una internalizzazione perché considerata da Poste società esterna, nonostante non abbia potuto partecipare al bando perché considerata ramo di Poste. Uno stato confusionale che tende ad evidenziare come l’Azienda, che per il 60% è ancora dello Stato, abbia intenzione di fare pulizia eliminando le società che erano legate a Zavaroni. L’Onorevole Carlo Leoni e l’Onorevole Marco Miccoli, intervenendo durante la manifestazione, hanno sottolineato come c’è l’intenzione di sensibilizzare la Presidente della Camera, Laura Boldrini. Mentre in Parlamento, con il ddl appalti, siamo impegnati agarantire la salvaguardia occupazionale dei lavoratori nei cambi di appalto nei call center commenta lOnorevole Miccoli – con la gara indetta da Poste, si rischia proprio di ’aggirare’ tale norma. Infatti chiunque si aggiudichi un appalto a quel prezzo ha solo due strade davanti a sé, per non fallire: licenziare i lavoratori oppure non garantire un adeguato servizio ai cittadini, in questo caso di pubblica utilità.Sulla stessa linea anche l’Onorevole Emiliano Minnucci, membro della Commissione Parlamentare Trasporti, che ha evidenziato come ci sia la necessità di coordinare tutti i gruppi parlamentari per poter convocare Poste a rispondere su questa questione. Quella dei lavoratori di UpTime Spa è purtroppo unaltra triste storia di totale noncuranza da parte del datore di lavoro riguardo il destino di lavoratori e famiglie a cui erano state fatte promesse e garantite continuità e sicurezza lavorativa. dichiara lOnorevole Minnucci – Per questo motivo credo sia urgente che il Governo si faccia promotore al più presto di unazione coordinata volta a trovare la soluzione migliore per garantire e tutelare la professionalità ed il lavoro dei dipendenti coinvolti. Importante per i lavoratori dei call center è l’approvazione in Senato della Clausola Sociale che sta trovando non poche difficoltà. “Il Governo faccia rispettare la legge sulla delocalizzazione e provveda ad approvare in Senato la Clausola Sociale”, sottolinea un manifestante. “Siamo pronti a tornare nuovamente in piazza, questa volta però sotto il Senato e non escludiamo che organizzeremo una manifestazione durante la votazione” – urlano a gran voce i lavoratori– “in gioco c’è il nostro futuro e non abbiamo nulla da perdere”.
Altra grande vertenza in atto è quella dei lavoratori dei servizi delle ASL Roma A e ASL Roma C, del Consorzio SOL.CO. Uomini e donne che non percepiscono lo stipendio da settembre e che ora hanno deciso di incrociare le braccia. Stipendi che tardano ad arrivare perché il Consorzio è stato coinvolto nelle indagini di mafia capitale, venendo così colpito da uninterdittiva. Lunedì i lavoratori si troveranno in presidio sotto lASL Roma A per chiedere lo sblocco delle fatture e limmediato commissariamento del consorzio per salvaguardare loccupazione dei lavoratori. Anche in questo caso le conseguenze della mala gestione delle aziende va a colpire i più deboli e cioè i lavoratori.
Davide Di Carlo