Ignazio Marino si è dimesso da sindaco di Roma, anche se entro 20 giorni può revocare tale decisione. Una giornata turbolenta, iniziata stamattina dalle continue voci e smentite delle dimissione degli assessori della sua giunta. Nessuna conferenza stampa, ma solo un lunghissimo comunicato con il quale Marino ha voluto specificare che il suo atto non è unammissione di colpa, ma bensì un monito per smascherare il marcio che gira intorno al Campidoglio. Le parole dellormai ex sindaco: Care romane e cari romani, ho molto riflettuto prima di assumere la mia decisione. L’ho fatto avendo come unica stella polare l’interesse della Capitale d’Italia, della mia città. Presento le mie dimissioni sapendo che queste possono per legge essere ritirate entro venti giorni. Non è un’astuzia la mia: è la ricerca di una verifica seria se è ancora possibile ricostruire queste condizioni politiche. Non nascondo di nutrire un serio timore che immediatamente tornino a governare le logiche del passato, quelledella speculazione, degli illeciti interessi privati, del consociativismo e del meccanismo corruttivo-mafioso che purtroppo ha toccato anche parti del Pd e che senza di me avrebbe travolto non solo l’intero Partito democratico ma tutto il Campidoglio. Era il 12 giugno del 2013, quando Ignazio Marino approdò in Campidoglio, dopo aver vinto le elezioni, per il passaggio di consegne con il suo predecessore e per linsediamento. Non cè mai stato un attimo di pace, un mandato che ne ha viste tante, forse troppe: dal caso delle multe alla Panda rossa, a Mafia Capitale, alla lunga vacanza ai Caraibi per poi passare ai gloriosi funerali dei Casamonica, il Papa che da Philadelphia in diretta mondiale puntualizza di non aver invitato il sindaco e infine le ingiustificate spese con la carta del Campidoglio. Sono lontani i giorni delle sorridenti pedalate, ora la Capitale passerà dal commissariamentoal voto in primavera. Lipotesi, suggestiva quanto utopistica, è che sia lo stesso prefetto di Roma Franco Gabrielli – coordinatore del Giubileo – ad essere nominato commissario, clausola che non viene esclusa dalla legge, ma evidenziano fonti della prefettura non è mai accaduto in Italia e viene ritenuta “impossibile”.
Damiano Tamanti