I dati sono estremamente eterogenei: si passa dai 183 euro all’anno per famiglia di Trento ai 594 di Catania. E c’è una ragione ben precisa.
Aumenta la spesa media delle famiglie italiane per la tassa comunale sui rifiuti (Tari). Lo conferma l’ultimo rapporto dell’Osservatorio prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva, che calcola una media di 329 euro nel 2024, +2,6% rispetto all’anno scorso. Tuttavia, la media non rispecchia l’enorme eterogeneità delle tariffe tra i vari capoluoghi d’Italia. Appare, comunque, abbastanza marcata una tendenza: al Sud si paga molto di più rispetto al Nord. E ci sono delle ragioni ben precise.
Tari, gli aumenti nel 2024
Il rappporto dell’Osservatorio prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva ha esaminato 110 diversi capoluoghi, riscontrando aumenti della Tari in 84 di essi, diminuzioni in 20 casi e nessuna variazione in sei.
Tari, perché così tanta differenza?
L’Osservatorio di Cittadinanzattiva ha calcolato, per il Sud, una spesa media per famiglia di 377 euro (nel 2023 era di 372 euro, +1,2%). Al Centro, invece, la spesa media scende a 346 euro (332 euro nel 2023, +4,4%) e al Nord a 280 euro (271 euro nel 2023, +3,2%).
Estremamente diverse le tariffe anche tra le varie Regioni: quella dove la tariffa è più economica è il Trentino-Alto Adige (203 euro), quella più costosa è invece la Puglia (426,50 euro).
La ragione di una simile differenza di tariffe tra i vari territori risiede principalmente nelle quote di raccolta differenziata: la Tari costa meno dove le pratiche dei cittadini e delle aziende che si occupano della gestione dei rifiuti sono più virtuose ed efficienti.
I dati sulla raccolta differenziata
La raccolta differenziata resta ancora una nota dolente in gran parte dei territori d’Italia. Gli ultimi dati aggiornati, risalenti al 2022, indicano che il nostro Paese, in media, ha finalmente superato, con un terribile ritardo, la quota del 65% (si attesta al 65,2%, +1,2% rispetto al 2021). Tuttavia, c’è ancora troppa differenza tra le varie zone d’Italia: al Nord la media è del 71,8%, al Centro del 61,5% e al Sud del 57,5%. Questa la tendenza generale, a cui però non mancano eccezioni, come Cagliari che raggiunge il 76,4% e Genova che contribuisce ad abbassare la media del Nord (51,4%). Ci sono poi dati drammatici, come la percentuale di raccolta differenziata in città come Palermo (15,6%), Crotone (21,4%), Catania (22%) e Foggia (26%). Ci sono comunque venti diversi capoluoghi di provincia che sono ancora al di sotto dell’obiettivo del 50%, che doveva essere raggiunto nell’ormai lontano 2009. E non è un caso se, nelle zone in cui la raccolta differenziata stenta, la Tari è più costosa.
Tari, dove si paga meno
Nella classifica stilata nel rapporto di Cittadinanzattiva emergono i capoluoghi di provincia dove la Tari è più economica. Ecco quali sono:
1) Trento (183 euro nel 2024, 185 nel 2023)
2) Udine (186 euro nel 2024, 181 nel 2023)
3) Cremona (197 euro nel 2024, 195 nel 2023)
4) Brescia (205 euro nel 2024, 195 nel 2023)
5) Belluno (205 euro nel 2024, 195 nel 2023)
6) Fermo (206 euro nel 2024, 196 nel 2023)
7) Pordenone (207 euro nel 2024, invariato rispetto al 2023)
8) Bergamo (216 euro nel 2024, 214 nel 2023)
9) Isernia (218 euro nel 2024, 216 nel 2023)
10) Siena (222 euro nel 2024, 220 euro nel 2023)
Tari, dove si paga di più
Ecco invece quali sono i capoluoghi di provincia in Italia dove la Tari è più costosa:
1) Catania (594 euro nel 2024, invariato rispetto al 2023)
2) Pisa (512 euro nel 2024, 481 nel 2023)
3) Genova (501 euro nel 2024, 492 nel 2023)
4) Napoli (482 euro nel 2024, 491 nel 2023)
5) Reggio Calabria (478 euro nel 2024, 443 nel 2023)
6) Andria (471 euro nel 2024, 440 nel 2023)
7) Brindisi (466 euro nel 2024, 464 nel 2023)
8) Cagliari (465 euro nel 2024, 410 nel 2023)
9) Trapani (453 euro nel 2024, 427 nel 2023)
10) Pistoia (448 euro nel 2024, 443 nel 2023)
Rifiuti, il sistema non funziona
Tiziana Toto, responsabile nazionale delle politiche dei consumatori di Cittadinanzattiva, punta il dito contro il sistema di gestione dei rifiuti che in troppe zone d’Italia mostra evidenti criticità. “Manca un’adeguata rete di impianti di raccolta e trattamento, si ricorre persistentemente allo smaltimento in discarica e in alcune aree del Paese sono troppo bassi i livelli di raccolta differenziata e di recupero delle risorse” – ha spiegato Tiziana Toto – “Non basta più pensare solo al riciclo, aspetto sul quale il nostro Paese in diverse categorie di rifiuti ha raggiunto ottime prestazioni. Occorre lavorare per ridurre la produzione di rifiuti, a paritre da quei settori merceologici per cui la raccolta differenziata non raggiunge gli obiettivi richiesti, come le apparecchiature elettriche ed elettroniche. Pochi mesi fa, infatti, è stata avviata una procedura d’infrazione contro l’Italia e altri Stati membri per non aver raggiunto gli obiettvi di raccolta RAEE. Male anche il dato sui prodotti tessili, per cui si attende la normativa europea relativa al regime di Responsabilità estesa del produttore (Epr)“.
Come sottolinea anche lo stesso rapporto di Cittadinanzattiva, il tessile è un settore che impatta sul 10% delle emissioni globali di gas serra ma solo l’1% dei rifiuti tessili viene riciclato correttamente nel mondo. L’Italia non fa eccezione: il nostro Paese immette ogni anno sul mercato 23 kg di prodotti per abitante, a fronte di una raccolta di appena 2,7 kg/ab.
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