Moltissimi italiani sono alle prese in questi giorni con la necessità di barcamenarsi con i nuovi codici comportamentali e i protocolli per il ritorno a scuola dopo il lungo periodo di stop dovuto al covid-19. In questo senso sono emerse molte nuove necessità, nuovi regolamenti, diverse imposizioni e vincoli a cui attenersi: il tutto per scongiurare nuovi focolai di contagio da coronavirus, consentendo però il ritorno tra i banchi in sicurezza.
Abbiamo visto come una delle più discusse procedure da attuare sia quella relativa alla autocertificazione che, in alcune Regioni come il Piemonte ad esempio, a fronte di comprovate impossibilità fa parte dell’istituto scolastico di misurare la temperatura agli studenti, impone alle famiglia di assumersi la responsabilità di dichiarare in un apposito modulo la assenza di stati febbrili all’atto dell’arrivo in classe.
Non si tratta di una imposizione generalizzata per tutti: andiamo a vedere, in linea di massima, come funziona nei territori in cui non sussiste tale obbligo.
Nelle altre regioni non sono previste autocertificazioni. Se si sospetta un caso di Covid-19, il pediatra o il medico di base dovranno valutare se richiedere un tampone. In caso di esito positivo, il Dipartimento di sanità pubblica avviserà il referente scolastico Covid-19 e l’alunno rimarrà a casa.
amIn caso di negatività pediatra o medico, una volta finiti i sintomi, produrranno un certificato di rientro in cui deve essere indicato il risultato negativo del tampone. Nel caso di un alunno con sintomi non riconducibili a Covid-19, pediatra o medico gestiranno la situazione come normalmente avviene, indicando alla famiglia le misure di cura e concordando, in base all’evoluzione del quadro clinico, i tempi per il rientro in aula.
I certificati da parte dei pediatri dovranno considerare i tempi di attesa per i risultati dei tamponi e questo, sostengono diversi medici della categoria, potrebbe portare a ritardare i tempi di ritorno in classe degli alunni.