Rider assunti, il caso Uber Eats: le regole cambiano la Gig economy

(Adnkronos) – Le regole, per la tutela dei lavoratori e dei consumatori, cambiano la Gig economy. I rider andranno assunti, perché lavorano come lavoratori autonomi quando di fatto sono dipendenti, dice l’accordo raggiunto dai ministri del lavoro per una nuoov direttiva Ue. La proposta si lega inevitabilmente alla scelta appena comunicata da Uber Eats, che chiude in Italia la sua attività di food delivery. La motivazione è esplicita: “Non siamo cresciuti in linea con le nostre aspettative per garantire un business sostenibile nel lungo periodo”.  

Il business sostenibile è la chiave per spiegare quello che si sta muovendo in un settore che è cresciuto in maniera esponenziale con la pandemia e che ora deve fare i conti con due fattori concomitanti: una fisiologica riduzione dei volumi a fronte di condizioni di mercato normali, e l’esigenza di arrivare a regole condivise in un settore che è nato e si è sviluppato in un mood di flessibilità assoluta. Il business, nello scenario che si è delineato, deve essere sostenibile a condizioni diverse rispetto a quelle in cui è nato, quando i margini erano enormi anche grazie allo sfruttamento delle condizioni di lavoro, pessime, dei rider.  

 

Uber ha evidentemente ritenuto che non ci fosse spazio per un aumento del costo del lavoro, a fronte dei volumi di consegne, e quindi dei ricavi, raggiunti in Italia. Un passo indietro annunciato sul sito. “Il nostro viaggio con Uber Eats – si legge – è iniziato a Milano nel 2016. Nel corso di questi sette anni abbiamo raggiunto oltre 60 città in tutte le regioni italiane, lavorando con migliaia di ristoranti partner che hanno potuto beneficiare dei nostri servizi per ampliare la loro clientela e le loro opportunità di business, specie in periodi critici come quello dovuto al Covid. In questi sette anni migliaia di corrieri e delivery partner hanno avuto la possibilità di guadagnare attraverso la nostra app in modo facile e immediato. In questi anni, purtroppo, non siamo cresciuti in linea con le nostre aspettative per garantire un business sostenibile nel lungo periodo”, spiega l’azienda. “Ecco perché oggi siamo tristi di annunciare -continua l’azienda – che abbiamo preso la difficile decisione di interrompere le nostre operazioni di consegna di cibo in Italia tramite l’app Uber Eats. Il nostro obiettivo principale è ora quello di fare il possibile per i nostri dipendenti, in conformità con le leggi vigenti, assicurando al contempo una transizione senza problemi per tutti i nostri ristoranti ed i corrieri che utilizzano la nostra piattaforma”. Le altre piattaforme saranno capaci di far evolvere il proprio modello di business, trovando un equilibrio corretto? 

 

La piattaforma di consegne a domicilio Just Eat, una delle più importanti, ha scelto una strada diversa rispetto a Uber Eats, e anche a Deliveroo e Glovo, che hanno scelto di difendere la causa del lavoro autonomo. Ha assunto i suoi rider e sta continuando a farlo, con buone prospettive di ulteriore crescita sul mercato italiano. Il modello di organizzazione prevede l’inquadramento secondo il contratto della logistica. Una scommessa, anche onerosa, che potrebbe pagare con l’attuazione della nuova direttiva. L’azienda potrà far valere il vantaggio competitivo acquisito avendo scelto di cambiare prima il proprio modello organizzativo.  

 

La proposta di direttiva Ue concordata dai ministri del lavoro sarà ora oggetto di negoziati con il Parlamento. L’obiettivo principale è arrivare a un cambio di status per tutti i lavoratori della gig economy, trasformando i rapporti di lavoro da autonomo a dipendente, quando ci sono i requisiti. La premessa è che molti di questi lavoratori “hanno effettivamente un rapporto di lavoro e dovrebbero quindi godere dei diritti e della protezione sociale concessi ai lavoratori ai sensi del diritto nazionale e dell’Ue”. Il nuovo testo, ha spiegato il ministro del lavoro italiano Marina Calderone, ”modifica la proposta iniziale del 9 dicembre 2021 che la Commissione europea ha presentato ai Paesi Ue per rispondere alle numerose sfide poste dalla crescita del lavoro su piattaforme digitali e dalla necessità di delineare un quadro normativo comune. La direttiva mira da un lato a migliorare le condizioni di lavoro delle persone che lavorano mediante piattaforme digitali facilitando la corretta determinazione del loro status occupazionale, sia come lavoratori dipendenti che autonomi, e dall’altro a migliorare la protezione dei loro dati personali migliorando la trasparenza e l’equità nell’uso di sistemi di gestione algoritmica”. (Di Fabio Insenga)