“L’esclusione dei richiedenti asilo dall’iscrizione anagrafica, invece di aumentare il livello di sicurezza pubblica, finisce con il limitare le capacità di controllo e di monitoraggio dell’autorità pubblica su persone che soggiornano regolarmente nel territorio statale, anche per lungo tempo, in attesa della decisione sulla loro richiesta di asilo”. Lo sostengono i giudici della Consulta, esaminando l’Art. 13 del sicurezza. Dunque, escludere dall’iscrizione all’anagrafe i richiedenti asilo, è un provvedimento, irrazionale e discriminatorio. Così come, allo stesso modo, lo è “negare l’iscrizione all’anagrafe a chi dimora abitualmente in Italia significa trattare in modo differenziato e indubbiamente peggiorativo, senza una ragionevole giustificazione, una particolare categoria di stranieri”.
Questo è ciò che viene evidenziato all’interno della motivazione della sentenza che ha depositata oggi la redattrice, giudice Daria de Pretis, ed in seguito alla quale la Corte Costituzionale ha individuato l’illegittimità all’interno dell’articolo 13 del primo decreto sicurezza del 2018.
Nello specifico, la Consulta spiega che, addirittura sotto due aspetti, viene così violato l’articolo 3 della Costituzione:
1) “è viziata da irrazionalità intrinseca in quanto, rendendo problematica la stessa individuazione degli stranieri esclusi dalla registrazione, è incoerente con le finalità del decreto che mira ad aumentare il livello di sicurezza“.
2) “La riserva agli stranieri richiedenti asilo un trattamento irragionevolmente differenziato rispetto ad altre categorie di stranieri legalmente soggiornanti nel territorio statale, oltre che ai cittadini italiani”.
Ma c’è dell’altro: “per la sua portata e per le conseguenze che comporta anche in termini di stigma sociale, di cui è espressione non solo simbolica l’impossibilità per i richiedenti asilo di ottenere la carta d’identità, la violazione del principio di uguaglianza enunciato all’articolo 3 della Costituzione assume in questo caso anche la specifica valenza di lesione della pari dignità sociale“.
Tuttavia la Corte Costituzionale ha però escluso “un’evidente mancanza dei presupposti straordinari di necessità e urgenza, prescritti per il ricorso al decreto, ritenendo che la disposizione si inseriva in modo omogeneo nel capo contenente le norme in materia di protezione internazionale”. Dunque, di fatto, ha ritenuto “infondata la questione sollevata con riferimento all’articolo 77 della Costituzione“.
Quindi, conseguentemente all’incostituzionalità della norma sul divieto dell’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo, “sono state dichiarate incostituzionali anche le restanti disposizioni dell’articolo 13 del primo decreto sicurezza, che prevedevano tra l’altro che il permesso di soggiorno costituisse documento di riconoscimento in luogo della carta d’identità e che l’accesso ai servizi erogati ai richiedenti asilo fosse assicurato nel luogo di domicilio, anziché in quello di residenza”.
Max