(Adnkronos) – Dalla ricerca italiana un’inedita speranza di cura contro i prioni, proteine infettive responsabili di patologie neurodegenerative mortali come la malattia di Creutzfeldt-Jakob o la sua variante considerata la versione umana del morbo della mucca pazza. La scoperta, pubblicata su ‘iScience’, porta la firma di un team tricolore coordinato dall’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs. Lo studio, condotto in collaborazione con l’Irccs ospedale San Raffaele di Milano e l’università dell’Insubria, ha identificato in modelli sperimentali in vitro “una molecola che appartiene alla classe delle porfirine e sfrutta un duplice meccanismo d’azione, finora mai descritto – spiegano gli autori – che la rende attiva contro tutti i tipi di prioni ed evita che possano diventare resistenti ai farmaci”. Il lavoro è stato sostenuto da Fondazione Telethon, ministero della Salute, Cjd Foundation e Associazione italiana encefalopatie da prioni (Aienp).
Le malattie da prioni, o encefalopatie spongiformi trasmissibili – ricorda una nota congiunta di Mario Negri, San Raffaele e ateneo dell’Insubria – sono patologie degenerative rare del sistema nervoso centrale che colpiscono l’uomo e altri mammiferi. Sono causate dai prioni, forme alterate della proteina prionica normalmente presente sulla superficie delle cellule nervose. La proteina prionica può diventare prione per motivi diversi: spontaneamente, senza una ragione conosciuta; per mutazioni genetiche; in seguito a un’infezione da prioni provenienti da un altro organismo, come nel caso della trasmissione all’uomo del morbo della mucca pazza. L’accumulo dei prioni nelle cellule del cervello provoca la formazione di forellini microscopici che rendono il tessuto cerebrale simile a una spugna. Dopo la comparsa dei primi sintomi, la malattia evolve rapidamente, portando alla morte.
“Purtroppo ad oggi non esistono cure”, sottolinea Roberto Chiesa, responsabile del Laboratorio di Neurobiologia dei prioni dell’Istituto Mario Negri. “Una delle ragioni – precisa l’esperto – è legata al fatto che, man mano che si replicano, i prioni mutano e rendono difficile identificare delle terapie in grado di debellarli. Nel corso dello studio su modelli sperimentali in vitro, abbiamo studiato l’effetto di alcune molecole sulla capacità dei prioni di replicarsi e ne abbiamo individuata una che svolge una doppia azione. Da un lato impedisce alla proteina prionica di trasformarsi in un prione, dall’altro ne induce l’eliminazione dalla superficie delle cellule nervose”.
“Questa scoperta è molto importante – assicura Giovanna Musco, a capo del Laboratorio di Risonanza magnetica nucleare biomolecolare dell’Irccs San Raffaele di Milano – perché evidenzia un meccanismo del tutto nuovo che blocca la replicazione dei prioni ed evita che mutino, sviluppando di conseguenza una resistenza a possibili terapie. Intendiamo sfruttare queste evidenze per poter formulare una nuova classe di farmaci per curare queste terribili malattie”.
“Il prossimo obiettivo in questa direzione – anticipa Enrico Caruso del Dipartimento di Biotecnologie e Scienze della vita dell’università dell’Insubria – è studiare come modificare chimicamente la molecola individuata, una porfirina, che per le sue caratteristiche al momento non può essere utilizzata come farmaco, o individuare molecole che agiscano con lo stesso meccanismo d’azione, ma siano dotate di migliori proprietà farmacologiche”.