(Adnkronos) – Sono quelle che si cercano con l’ecodoppler delle carotidi: le placche aterosclerotiche. Formate da un accumulo di grassi, colesterolo, tessuto fibroso e cellule del sistema immunitario, rappresentano il segno distintivo dell’aterosclerosi, le cui conseguenze – dall’infarto all’ictus fino ai problemi vascolari periferici – costituiscono di fatto la principale causa di morte in età avanzata. Una nuova ricerca, che vede tra i principali protagonisti il Dipartimento di Angiocardioneurologia e Medicina traslazionale dell’Irccs Neuromed di Pozzilli (Is), dimostra per la prima volta l’esistenza di un collegamento tra le placche aterosclerotiche e il sistema nervoso centrale, che a sua volta, attraverso la milza, attiva il sistema immunitario stimolando ulteriormente lo sviluppo della patologia. Questo ‘circuito nervoso’ finora sconosciuto potrà rappresentare un bersaglio per terapie innovative.
Pubblicato sulla rivista ‘Nature’, lo studio è stato condotto sia su modelli sperimentali che in reperti umani, in collaborazione con la Ludwig-Maximilians-University di Monaco e con altre istituzioni scientifiche internazionali riunite nel progetto “Plaquefight” finanziato dalla Comunità europea. “In corrispondenza di una placca aterosclerotica – spiega Daniela Carnevale, dipartimento di Angiocardioneurologia e medicina traslazionale del Neuromed e professore ordinario dell’università Sapienza di Roma – si forma anche un aggregato di cellule immunitarie nella parete esterna del vaso sanguigno. Questo aggregato, chiamato ‘Atlo’ e simile ad un linfonodo, è ricco di fibre nervose. Il nostro lavoro ha prima di tutto dimostrato che attraverso di esse si stabilisce una connessione diretta tra la placca e il cervello”.
I ricercatori italiani e tedeschi hanno quindi ricostruito l’intero percorso delle fibre nervose fino al sistema nervoso centrale. “A questo punto – continua Carnevale – siamo stati in grado di vedere che questi segnali provenienti dalla placca, una volta raggiunto il cervello, influenzano il sistema nervoso autonomo attraverso il nervo vago (il nervo che controlla la maggior parte dei nostri organi e funzioni viscerali, ndr) fino a raggiungere la milza. Qui avviene una attivazione di specifiche cellule del sistema immunitario che entrano in circolazione e portano alla progressione delle placche stesse”.
È un vero e proprio circuito nervoso, che gli autori della ricerca hanno definito ‘Abc’ ovvero ‘artery-brain circuit’. E come tutti i circuiti, può essere scollegato o modulato. “Abbiamo condotto – aggiunge Daniela Carnevali – ulteriori esperimenti interrompendo le connessioni nervose che raggiungono la milza. In questo modo sono venuti a mancare gli impulsi sulle cellule immunitarie presenti in questo organo. Il risultato è che le placche presenti nelle arterie non solo hanno rallentato la crescita, ma si sono stabilizzate”.
Considerando che la stabilità della placca aterosclerotica è uno dei tratti clinicamente più rilevanti nella valutazione della gravità della malattia nel paziente, e che in questo studio sono state identificate le componenti del circuito ‘Abc’ anche in reperti di arterie umane affette da aterosclerosi, si prospetta un potenziale traslazionale molto rilevante. “Si tratta – commenta Giuseppe Lembo, responsabile del dipartimento di Angiocardioneurologia e medicina traslazionale Neuromed e Ordinario alla Sapienza di Roma – di una visione assolutamente nuova, che apre la strada a strategie terapeutiche fino ad oggi sconosciute. L’ipotesi su cui lavorare ora è la possibilità di agire, con specifici dispositivi bioelettronici, sulle terminazioni nervose che raggiungono la milza, in particolare sul ramo del nervo vago che è connesso al ganglio celiaco. In altri termini, un intervento terapeutico non farmacologico per contrastare il problema dell’aterosclerosi”.
“In questa ricerca – conclude Lembo – sono concentrati anni ed anni di duro lavoro. L’impegno e l’originalità dei nostri ricercatori, capaci di mettere insieme interessi multidisciplinari che coinvolgono il cervello, l’apparato cardiovascolare ed il sistema immunitario, ci proiettano oggi sulla scena internazionale come un punto di riferimento di primo piano”.