“Dovremmo essere tutti molto, ma molto attenti. Perché basta poco, una variante nuova che corre più veloce, per tornare a numeri temibili”. Nel primo giorno di riaperture e di Italia quasi interamente ‘zona gialla’, lancia un invito alla “cautela” Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia (Siv-Isv). “Mi preoccupa l’eccessiva disinvoltura” documentata da alcune immagini sulla movida del weekend, confessa in un’intervista all’Adnkronos Salute l’esperto, ordinario di microbiologia e microbiologia clinica all’università di Brescia e direttore del Laboratorio di microbiologia dell’Asst Spedali Civili.
“L’idea è che il virus stia andando incontro a un normale indebolimento stagionale, però non dobbiamo darlo per scontato – avverte – perché può emergere un qualsiasi ceppo virale che magari non segue questa stagionalità. La cautela è sempre importante”, insiste lo specialista. “Con quel che abbiamo oggi in casa stiamo vedendo, un po’ per le misure adottate, un po’ per la stagionalità, che le cose vanno bene – osserva – ma vanno bene fintanto che noi siamo responsabili e purtroppo questa responsabilità non mi sembra diffusa come invece dovrebbe”.
Il numero uno dei virologi italiani si augura che siano messi in campo “tanti, tanti controlli. Tutti noi dovremmo essere responsabili – riflette Caruso – però sappiamo bene che questo non sempre avviene e quindi serviranno tanti più controlli per cercare di far ragionare chi spontaneamente non lo fa, perché forse non capisce la vera pericolosità di questo virus”.
Quanto alla cosiddetta variante indiana del coronavirus pandemico va monitorata e va studiata per capirne i possibili effetti, ma in questo momento non deve suscitare allarme, secondo Caruso. “Con questa variante Sars-CoV-2 segue una rotta già segnata da varianti precedenti”, spiega. Mutanti che “hanno tutti già dimostrato di essere, chi più chi meno, neutralizzabili dai vaccini” anti-Covid attualmente disponibili. “Quindi ad oggi non vedo grossi motivi per pensare che anche questa variante non debba andare incontro allo stesso destino delle altre. Però ripeto: scientificamente è sempre doveroso porsi dei dubbi, da fugare attraverso la ricerca. E speriamo che la ricerca ci conforti in questa ipotesi”, auspica l’esperto.
A livello del genoma virale, “la variante indiana assomma una mutazione in posizione 484, comune anche ad altre tipo la sudafricana, e una mutazione in posizione 452, che è relativamente più rara – descrive Caruso, ordinario di microbiologia e microbiologia clinica all’università di Brescia e direttore del Laboratorio di microbiologia dell’Asst Spedali Civili – Tutte e due insieme è la prima volta che si vedono, mentre separatamente si sono già viste. Dal punto di vista pratico, queste sono mutazioni che avvengono per un normale adattamento del virus alla nostra specie”, osserva lo specialista, precisando che “il virus non sta cercando di evadere niente, né farmaci né vaccini. Sta cercando unicamente di esporre meglio il proprio sito di legame alla cellula. E nell’esporlo meglio – puntualizza Caruso – in molti casi espone meglio anche la zona di neutralizzazione, tant’è vero che le varianti inglese e nigeriana risultano addirittura più neutralizzabili” dai vaccini.
“In questa corsa del virus a evolversi spontaneamente”, il numero uno dei virologi italiani non vede “niente di particolarmente preoccupante per la tenuta dei vaccini. Ovviamente però queste sono ipotesi – ribadisce – che vanno dimostrate non appena sarà disponibile un isolato del virus e le prove ci daranno un’eventuale conferma”.
“L’Inghilterra ha un Consorzio” per monitorare l’emergere di nuovi varianti del coronavirus pandemico. “L’America ha un Consorzio e ce l’ha anche l’India. Tanto da essere stata in grado, pur con tutte le difficoltà di un Paese così sovrappopolato, di capire subito che circolava un nuovo mutante virale e di darne notizia. Questo grazie a una sorveglianza attiva” sulla quale invece l’Italia non può ancora pienamente contare, perché “ancora il nostro Consorzio non c’è”. Non può che constatarlo con “perplessità” il presidente della Società italiana di virologia (Siv-Isv) che ha patrocinato il progetto ‘Consorzio italiano per la genotipizzazione e fenotipizzazione di Sars-CoV-2’, annunciato a fine dicembre. Poi la crisi di Governo, il cambio di Esecutivo e un impasse burocratico che non sembra sbloccarsi.
“Noi siamo tutti pronti”, ripete in un’intervista all’Adnkronos Salute l’esperto, ordinario di microbiologia e microbiologia clinica all’università di Brescia e direttore del Laboratorio di microbiologia dell’Asst Spedali Civili.
“Sono i tempi della politica che non seguono quelli della pandemia”, e così “noi rincorriamo il virus invece che precederlo – osserva con amarezza Caruso – Dalle informazioni che mi pervengono, pare che ci debba essere un momento legislativo per poter far andare avanti il nostro Consorzio. Tutti si stanno adoperando perché vada avanti”, precisa, ma la realtà è che “avremmo dovuto essere operativi da mesi, almeno in via provvisoria. E invece la politica in questo caso non ci ha seguiti e questo, in un momento pandemico, lascia veramente perplessi”.
“Ovviamente ci auguriamo di contenere l’ingresso di nuove varianti in Italia attraverso le ordinarie misure di attenzione alle frontiere, le quarantene, i tamponi. Però è importantissimo – insiste il numero uno dei virologi italiani – e lo è sempre di più come ci mostra anche l’emergere della nuova variante” cosiddetta indiana, “un monitoraggio molto attento sul territorio. Un tipo di sorveglianza che solo il Consorzio può fare. Ma ancora in Italia il Consorzio non c’è”.