RENZI, LA NOSTRA SFIDA È LA CULTURA
La cultura “è la nostra grande sfida, per il nostro governo una priorità”. Accaldato nel vestito scuro istituzionale, appena un po’ stanco forse per la trasferta milanese appena conclusa, Matteo Renzi entra con il naso all’insù nelle sale austere e bellissime del Collegio Romano, il palazzo cinquecentesco voluto dai gesuiti di Ignazio di Loyola che oggi ospita il ministero della Cultura. Scortato da Dario Franceschini, il premier non stacca gli occhi dai celeberrimi soffitti affrescati della Sala della Crociera. Ad aspettarlo, nemmeno troppo intimiditi, ci sono i venti neo direttori dei musei statali al top, quelli che la riforma varata un anno fa dal governo ha reso autonomi. La diplomazia del ministero li ha schierati su due file di poltrone verdi, al centro ministro e premier, per il primo incontro corale con la stampa, che arriva dopo un’intera giornata trascorsa ’a scuola di riforma’. Renzi sorride, stringe mani, cerca per una battuta il più giovane del gruppo, Gabriel Zuchtriegel (34 anni), che guiderà il Parco Archeologico di Paestum, saluta Eva Degl’Innocenti chiamata a dirigere il Museo Archeologico di Taranto, si ferma un attimo con Eike Schmidt, chiamato agli Uffizi, lancia a tutti il suo in bocca al lupo.Poi prende la parola per sottolineare che la scelta di cambiare pelle ai musei è un po’ anche sua, condivisa dal governo, che vuole “affermare un modello di museo più vicino a quello anglosassone”, perché il mondo è cambiato e sono cambiate le esigenze del pubblico, dice, “i musei dell’800 e del primo ’900 si rivolgevano ad élite selezionate di persone”, un pubblico super colto che non aveva bisogno di intermediari. Oggi “è diverso”, “il museo è esperienza, l’opera d’arte deve darti qualcosa, il museo deve essere più efficiente, più capace di innovazione, i 20 nuovi direttori hanno la grande responsabilità di portare i musei nella storia inquietante e insieme affascinante del futuro”. Prima di lui Franceschini aveva difeso a spada tratta la sua riforma. “Ci stiamo adeguando con ritardo alle linee guida indicate dalla associazione internazionale dei musei, ma lo stiamo facendo con una marcia in più che ci fa superare molti altri. E’ la prima volta che un Paese fa una selezione pubblica internazionale per trovare i direttori dei suoi musei”, aveva sottolineato il ministro. E le nomine “sono l’ultimo passo di un percorso di cambiamento e innovazione profonda cominciato da tempo. Un passo del cambiamento del Paese – faceva notare ricordando le polemiche di ferragosto – ora lavoreremo come una squadra, autonomia dei musei non significa rinunciare a lavorare come sistema”. Il tempo stringe, le domande sono contingentate, al premier chiedono se continua a considerare le soprintendenze un freno allo sviluppo del Paese, come disse da sindaco. Lui non si sottrae, sottolinea “la qualità delle persone”, “ma sulla lentezza delle procedure non ho cambiato idea, tant’è che abbiamo fatto la riforma”. Nessuna anticipazione, invece, sui fondi che arriveranno quest’anno dalla legge di stabilità. E quanto al cronico problema di personale del ministero, dove l’età media dei circa 18 mila dipendenti sfiora i 58 anni, “il blocco del turn over si può anche mettere in discussione, ma per farlo bisogna avere un quadro d’insieme che ci daranno i tecnici”. I venti super direttori sorridono compiti, i microfoni per loro arriveranno solo a conferenza stampa finita. Ma il clima è ottimista, da primo giorno di scuola. La lunga riunione di oggi, dice Anna Coliva, direttrice (unica confermata) della Galleria Borghese di Roma è stata “molto interessante e positiva, “per la prima volta tra queste pareti ho sentito echeggiare domande concrete”, confida, “cose che non avevamo mai avuto il coraggio di dire. E il ministro era sulla nostra lunghezza d’onda, capiva al volo”. Qualcuno, come Zuchtriegel di Paestum o Sylvain Bellenger del Museo di Capodimonte, anticipa le sue priorità, che partono tutte dal rendere i loro musei, più conosciuti e facilmente raggiungibili, come sottolinea anche Marco Pierini della Galleria Nazionale dell’Umbria (“che ha tanti capolavori ma nemmeno un sito web”). Per i risultati, però, “ci vorrà tempo”, avverte Eike Schmidt, anticipando l’intenzione di accorciare le code e introdurre nuove tecnologie agli Uffizi. Qualcuno di loro prenderà servizio il primo ottobre, altri a dicembre. Per tutti ci sarà da mettere in moto la macchina e creare una squadra. La prima cosa, sottolinea James Bradburne (Brera), “è ascoltare”.