Prosegue il confronto tra Matteo Renzi e i sindacati italiani riguardo lart.18 e la Jobs act. Lo scontro è esploso domenica sera, quando il Segretario del Partito Democatrico, durante la trasmissione Che tempo che fa? condotta da Fabio Fazio, ha puntato il dito proprio contro le associazioni: L’unica azienda al di sopra dei 15 dipendenti che non ha l’articolo 18 sa qual è? È il sindacato, che poi ci viene a fare la lezione. L’imprenditore – prosegue Renzi – non è uno cattivo, deve avere diritto di lasciare a casa un lavoratore ma lo Stato no.Di certo non è riuscito a placare gli animi il Presidente del Consiglio con il suo intervento di ieri presso la sede del Pd al Nazareno, dove ha sottolineato e ribadito la sua posizione: abolire lart.18. Decisione che ha provocato non poco scalpore tra le file rosse, specialmente tra le confederazioni che difendono i diritti dei lavoratori e che rispondono ai nomi di Cisl, Uil, Cgil. Incontratosi qualche ora prima dellintervento di Renzi, i sindacati hanno discusso la loro posizione senza però raggiungere un accordo solido: Susanna Camusso, leader della Cgil, ha annunciato che è stata una discussione più di valutazioni e proposte che di mobilitazioni. Se il governo non ci soddisferà, ci sarà uno sciopero generale. Questa la minaccia della vecchia guardia tanto contraria allinevitabile era renziana, incalzata anche dallex Segretario del Pd Pier Luigi Bersani: Matteo pensa che siccome abbiamo pochi occupati e molti disoccupati, togliamo lart.18. In Germania ne hanno più di occupati, e hanno l’art. 18. Forse viene il dubbio che non c’entri un tubo l’art. 18. A tutto ciò il presidente del Consiglio ha risposto nel pomeriggio con un intervento con il quale ha ribadito che serve una sinistra che non rimanga ancorata al passato ma che accompagni la nuova Italia nel futuro. Il cuore del dibattito è però sull’articolo del lavoro. “Il rispetto del diritto costituzionale non è nell’avere o no l’art. 18, ma nell’avere lavoro. Se fosse l’art.18 il riferimento costituzionale allora perché per 44 anni c’è stata differenza tra aziende con 15 dipendenti o di più? – ha sottolineato il premier. L’attuale sistema del reintegro va superato, certo lasciandolo per discriminatorio e disciplinare. Il lavoro non si crea difendendo regole di 44 anni fa, ma innovando”.
Rivolgendosi sempre al partito, direzione del Pd, Renzi ha chiesto “una profonda riorganizzazione del mercato del lavoro e anche del sistema del welfare”. “Serve un Paese che vuole investire e dare risposte ai nuovi deboli che sono tanti e hanno bisogno di risposte diverse da quelle date finora. La rete di protezione si è rotta, non va eliminata ma ricucita, sapendo che c’è uno Stato amico che li aiuta”.
Continua dritto per la sua strada il premier che però non chiude le porte al dialogo: “sono pronto a riaprire la sala Verde dalla prossima settimana a Cgil, Cisl e Uil”, ma, prosegue il discorso, il sindacato va sfidato e la riforma dei centri per l’impiego è uno sfidare il sindacato. In altri Paesi l’accompagnamento dei disoccupati è svolto dal privato no profit. E dove sta il sindacato o il terzo settore – ha concluso – se non a fianco di chi non ha lavoro”.
Intanto liter parlamentare è sulla griglia di partenza nellAula di Palazzo Madama. Le votazioni potrebbero iniziare già giovedì 2 ottobre o nei giorni successivi quale martedì 7, ad una settimana dalla presentazione europea di una delicatissima Legge Stabilità. Due tematiche che non possono fare a meno di camminare parallelamente, intrecciandosi con la riforma del lavoro, che ha un costo di un miliardo e mezzo, e le cui coperture sono state messe in discussione ieri in Direzione proprio da D’Alema.
“Abbiamo sentito parlare di tabù di 44 anni ed invece la norma è stata riformata due anni fa e in un paese ben regolato cambiare la normativa ogni due anni non è un cosa saggia. La legge Fornero prevedeva un monitoraggio degli effetti che ad ora non è stato compiuto e che sarebbe una premessa indispensabile anche perché l’art.18 non esiste più ma esiste una tutela residuale esclusiva a casi di gravissima illegittimità”. Così Massimo D’Alema nel suo intervento alla direzione del Pd.
Stamane il premier è rilasciato unintervista Washington post con la quale ha nuovamente confermato i punti forti del discorso al Nazareno, quali la libertà concessa al datore di lavoro di poter licenziare: “è importante permettere a un imprenditore di scegliere un lavoratore e, se decide che è necessario, di licenziarlo”. “Ma il governo sosterrà il lavoratore licenziato con la possibilità di seguire un programma di formazione e, una volta finito, di accettare un lavoro offerto da un’agenzia nazionale”, aggiunge Renzi.
Il ruolo dei sindacati è molto importanti ma non siamo legati al loro destino, questa la frase che di fatto ci porta allo sciopero generale rosso del 25 ottobre a Roma. Il Presidente del Consiglio ha poi concesso una battuta sulla situazione in Medio Oriente. Siamo pronti ad assicurare qualsiasi supporto necessario” agli Stati Uniti sulla crisi in Iraq. “Per il momento le richieste sono di ordine umanitario e di supporto logistico”.