(Adnkronos) – Il Pd si aspetta che la conferenza stampa di Giuseppe Conte sulle regionali segni un punto di chiarezza. Ovvero l’impossibilità di stringere un accordo con i 5 Stelle. Nel Lazio come in Lombardia. “Sgombrato il campo dal tentativo con Conte, mi sembra che la candidatura più forte” per il post Zingaretti “sia quella di Alessio D’Amato”, dice Matteo Orfini all’Adnkronos che dopodomani parteciperà, insieme ad altri dem, all’iniziativa al Brancaccio promossa dall’assessore alla Sanità del Lazio ed a cui dovrebbe presentarsi anche Carlo Calenda. Sul nome di D’Amato (ben visto anche da Enrico Letta) si potrebbe realizzare la convergenza con il Terzo Polo. Se attraverso le primarie, è da decidere. Nel caso parteciperebbero anche Daniele Leodori (vicino al franceschiniano Bruno Astorre) e Marta Bonafoni. Tutti e tre hanno dato la disponibilità a partecipare, spiega un membro della segreteria Letta.
Prende quota dunque la candidatura dell’assessore che ha conquistato popolarità nella gestione Covid nel Lazio. “Una gestione eccellente”, rimarcano i dem. Se per il post Zingaretti è possibile che resti in piedi almeno un pezzo del ‘modello Lazio’ – la coalizione da Calenda a Conte, che ha governato in questi anni – in Lombardia si prospetta una corsa in solitaria del Pd con il sostegno di Più Europa, Verdi-Sinistra, Articolo Uno e qualche altra lista civica. “Si andrà con il centrodestra, Moratti col Terzo Polo e noi con la nostra coalizione e un nostro candidato”, dice un big lombardo in Transatlantico. Ad oggi il nome in pole sarebbe quello del sindaco di Brescia, Emilio Del Bono.
“So -continua lo stesso dirigente dem- che va avanti anche il pressing su Pisapia ma non credo si lascerà convincere”. Intanto non è detta ancora l’ultima parola su Carlo Cottarelli, sebbene molti diano per chiusa la possibilità che si candidi. “Non voglio aspettare per sempre -ha detto oggi Cottarelli in tv-, farò ancora delle chiacchierate, anche questo pomeriggio, con persone di cui mi fido per decidere se nell’attuale situazione c’è la possibilità di avere una coalizione sufficientemente ampia. Quando ho il quadro completo della situazione, dirò qual è la mia posizione”.
Intanto viene respinto al mittente l’ultimo invito di Calenda: “Un ticket tra Letizia Moratti e una personalità della sinistra lombarda isolerebbe la destra sovranista e la sconfiggerebbe. Sicuri di voler andare per altre strade?”. Per i dem quella di Moratti è una strada non percorribile al netto del dibattito attorno alla sua figura. Ex parlamentari Pd come Andrea Marcucci e Alessia Morani dicono in chiaro che la sua candidatura andrebbe sostenuta.
E oggi un pezzo di Natalia Aspesi su Repubblica che invita il Pd a superare i “pregiudizi” su Moratti, è stato oggetto di discussione via twitter. Ribatte Andrea Orlando a chi lo condivide: “Il pezzo è sul fastidio per il fatto che un partito di centrosinistra non faccia il partito di centro tour-court. Eventualmente poi andrebbe fatto leggere anche gli elettori che si collocano a sinistra….”. Ed ancora: “Sorprende la sorpresa per il rifiuto del Pd a sostenere la candidatura di Letizia Moratti. Il fatto che a qualcuno sia venuto in mente di proporlo deve farci però riflettere su quanto lavoro c’è da fare per restituire al Pd un’identità chiara e riconoscibile”.
Nelle fila dem c’è chi sarebbe magari meno tranchant, ma che il Pd non possa sostenere la candidatura di Moratti a presidente è opinione largamente maggioritaria. Osserva Walter Verini: “È positivo che la Moratti abbia rotto con lo schieramento di destra (…) Per questo auspichiamo un gesto di umiltà e serietà: non c’è bisogno di candidarsi presidente. Con la sua esperienza, lei potrebbe dare una mano alla coalizione progressista e di centrosinistra senza pensare di imporre a nessuno una candidatura obiettivamente divisiva. Così nessuno penserebbe ad una conversione sulla via del Pirellone”. E Matteo Mauri, deputato dem milanese: “Fino a 10 giorni fa voleva essere la candidata del centrodestra, ma come si fa…”.