In attesa dell’udienza preliminare davanti al Gup di Roma (Pier Luigi Balestrieri), fissata per il prossimo 29 aprile, gli atti processuali relativi all’omicidio di Giulio Regeni continuano ad ospitare nuove testimonianze. L’ultima, la terza in ordine di tempo, afferma che dopo l’orribile morte del giovane ricercatore universitario, alcuni uomini dell’intelligence egiziana avrebbero messo su una falsa rapina ai danni dell’italiano, per depistare circa le cause della sua morte. Dunque hanno seriamente di che temere i quattro 007 egizi della National Security, per i quali la Procura capitolina ha chiesto il rinvio a giudizio.
Regeni, la testimonianza che inchioda i quattro 007 egiziani: “C’ero io lì con loro…”
Ritenute ‘attendibili’, tra oltre una decina approfondite, queste tre nuove testimonianze vanno a combaciare perfettamente con gli elementi già in mano agli inquirenti. E’ evidente che, già dal mattino del 2 febbraio, gli ‘agenti segreti’ fossero a conoscenza della morte di Giulio, e dunque si misero subito al lavoro per inscenare i passaggi di una rapina finita nel peggiore dei modi. Ad inchiodarli sarebbe un amico di Said Mohamed Abdallah, il rappresentante del sindacato indipendente dei venditori ambulanti, che aveva denunciato Regeni all’intelligence egiziana. “Ero entrato in rapporti con Abdallah per ragioni del mio lavoro. Il 2 febbraio 2016 – ha rivelato l’uomo ai detective italiani – io ero con Abdallah e ho notato che era palesemente spaventato. Lui mi ha spiegato che Giulio Regeni era morto e che quella mattina era nell’ufficio della State Security in compagnia di un ufficiale di polizia che lui chiamava Uhsam, quando quest’ultimo aveva ricevuto la notizia”. Dunque il testimone ha riferito di aver assistito alla telefonata in cui agli 007 è stata comunicata la morte dell’italiano, ed il colloquio poi seguito dove, per l’appunto, venne ‘ideato’ di montare la versione della rapina a danni di Regeni.
I reati: sequestro di persona pluriaggravato, lesioni personali aggravate e concorso in omicidio aggravato
Il gen. Sabir Tariq, i due col. Usham Helmi e Athar Kamel Mohamed Ibrahim, e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif, sono chiamati a rispondere di sequestro di persona pluriaggravato e, all’ultimo dei sopracitati, i pm hanno contestato anche il concorso in lesioni personali aggravate e il concorso in omicidio aggravato. Una richiesta di processo espressa a chiusura delle indagini, lo scorso 20 gennaio, emessa da Michele Prestipino (procuratore capo), e da Sergio Colaiocco, il sostituto membro della task force di inquirenti che in tutti questi anni ha affiancato le indagini.
Max