Non c’è niente da fare: ci sentiamo giusti e moderni, poi, puntualmente, Bruxelles ci sanziona per inadempienze o peggio, anche per comportamenti ‘incivili’, come in merito all’altissima percentuale di casi di stalking e violenza alle donne.
Ed oggi ecco l’ennesima procedura di infrazione contro l’Italia aperta dalla Commissione Europea che, ha aperto una lettera di messa in mora in quanto, come riporta con puntualità l’agenzia di stampa AdnKronos: “Le condizioni di accesso al reddito di cittadinanza contrastano con le norme Ue sulla libera circolazione dei lavoratori e sui diritti dei cittadini. Si tratta, in particolare, dell’obbligo di aver risieduto in Italia per almeno 10 anni: il reddito, secondo l’esecutivo Ue, dovrebbe essere accessibile ai cittadini Ue che ne hanno diritto, a prescindere dal loro passato per quanto concerne la residenza”.
Come spiega la Commissione Ue riguardo il requisito che richiede 10 anni di residenza in Italia, questo costituisce “una discriminazione indiretta, poiché è più probabile che cittadini non italiani non lo rispettino. Il reddito, tra l’altro, discrimina anche i beneficiari della protezione internazionale, che non hanno accesso alla misura. Infine, il requisito della residenza potrebbe scoraggiare gli italiani dall’andare a lavorare all’estero, dato che potrebbero non essere più qualificati per il reddito, una volta tornati. Roma ha due mesi di tempo per rispondere; in caso contrario, la Commissione potrebbe decidere di portare la procedura allo stadio successivo, il parere motivato”.
Ma non solo, come se non bastasse, contro l’Italia Bruxelles – sempre con una messa in mora – ha aperto anche un’altra procedura d’infrazione, spiega ancora l’AdnKronos, “per quanto concerne l’assegno unico per i figli a carico, introdotto nel marzo 2022 che, spiega ancora l’AdnKronos, “E’ disponibile solo per chi ha almeno due anni di residenza in Italia e per coloro che vivono sotto lo stesso tetto dei figli: sono entrambe disposizioni in contrasto con diverse norme Ue. Anche in questo caso – conclude la nota agenzia di stampa romana – Roma ha due mesi per rispondere, altrimenti la procedura potrebbe passare al parere motivato”.
Max