Uno dei obiettivi del Pnrr è sostenere la transizione digitale e l’innovazione del sistema produttivo. Ma a che punto siamo in Italia? “L’Europa ha un indice, il Desi, che permette di confrontarci con altri Paesi e focalizzare le priorità da darsi. Purtroppo scontiamo importanti ritardi con il resto del Continente, in particolare nell’area dell’eCommerce delle Pmi. Gli ultimi dati disponibili dicono che, alla vigilia della pandemia, solo il 10% delle nostre Pmi vendeva tramite internet e solo l’8% del loro fatturato arrivava da vendite online. I valori sono ben inferiori rispetto alla media del resto d’Europa, rispettivamente pari al 18% e all’11%”, spiega ad Adnkronos/Labitalia, Mariano Corso, docente del Politecnico di Milano, membro del Comitato Scientifico degli Osservatori Digital Innovation Polimi e responsabile Scientifico degli Osservatori Smart Working e Cloud Transformation.
La pandemia ha fatto capire ad azienda l’importanza di essere in rete
“Ovviamente il Covid -aggiunge Corso- ha fatto capire a tutte le aziende l’importanza di avere una presenza in rete. Questa, tuttavia, non si costruisce dall’oggi al domani e, affinché sia efficace, richiede di ripensare i processi con cui le imprese funzionano per cogliere a pieno le opportunità offerte dal digitale. Purtroppo anche qui non ci sono notizie buone: le nostre imprese usano ancora troppo poco i big data (solo il 7% contro una media Europea pari al 12%) e le soluzioni in cloud (15% contro 18%) che tanto potrebbero arricchire e semplificare il modo con cui si lavora”. “Per sostenere una transizione al digitale e favorire l’innovazione del sistema produttivo serve affiancare le imprese nella revisione del modo in cui creano valore e nel modo con cui interagiscono con i loro clienti. Altrimenti rischiano di rimanere nel mondo pre-covid”, dice l’esperto.
Gastaldi (Polimi), “avanti con digitalizzazione pagamenti”
Favorire lo sviluppo delle filiere produttive, in particolare quelle innovative, nonché del Made in Italy, anche grazie ai pagamenti digitali, sarà un altro degli obiettivi del Pnrr. Un tema però che in Italia stenta a decollare. “I dati del nostro Osservatorio sul tema sottolineano che i pagamenti digitali sono cresciuti del 4% durante il 2020, arrivando a oltre 5 miliardi di transazioni. L’iniziativa Cashback di Stato, anche se molto dibattuta, ha sicuramente acceso un riflettore sull’incentivare i pagamenti elettronici non solo per ridurre l’economica sommersa ma anche per accelerare la digitalizzazione del Paese” dice ad Adnkronos/Labitalia Luca Gastaldi, direttore dell’Osservatorio Agenda Digitale e Design Thinking for Business del Politecnico di Milano. “Ma il Cahsback è solo uno dei diversi provvedimenti del Piano Cashless del Governo, che prevede sia incentivi, come ad esempio il credito d’imposta sulle commissioni pagate dagli esercenti, sia deterrenti, come la stretta sul limite massimo di utilizzo del contante”, osserva il docente. “Il Piano, con tutte le sue limitazioni, è secondo me da portare avanti con decisione. Che serve, quindi? Fare quanto abbiamo già previsto di fare. L’Italia è tra i Paesi meno avanzati in termini di pagamenti digitali e le nostre ricerche dimostrano che la digitalizzazione dei pagamenti acceleri la digitalizzazione dell’intera economia. Ora che finalmente queste tematiche sono giunte al centro del dibattito politico è importante fare quanto previsto. I benefici sono troppo importanti per poter rimandare oltre”, conclude Gastaldi.
48 miliardi, risorse mai viste per digitale
Nel piano ci sono circa 48 miliardi per la digitalizzazione (42 più 6 del fondo complementare”. “Grazie al Pnrr avremo a disposizione moltissime risorse per il rilancio della nostra economia, molte di più di quanto abbiamo mai avuto. Se guardiamo al passato, almeno a quello che conosco, la nostra capacità di spesa di risorse europee è allineata a quella di altri Paesi, anche se ci sono ampi margini di miglioramento. Dal 2014 al 2020 il nostro Paese aveva a disposizione 3,6 miliardi di euro per migliorare l’accesso alle tecnologie digitali e l’efficienza della propria pubblica amministrazione” commenta ancora Mariano Corso, aggiungendo: “Come praticamente tutti gli altri Paesi europei, a fine 2020 avevamo speso solo il 35% delle risorse disponibili, consapevoli di avere un poco più di tempo per spendere il resto. Ora che il Pnrr mette di fronte a noi un’occasione unica, che difficilmente si ripresenterà, dobbiamo dimostrare di saper fare piani chiari, collaborando efficacemente tra di noi”, aggiunge. “Le risorse che arrivano dall’Europa richiedono di avere idee chiare su come si ha intenzione di spendere il denaro a disposizione. Altrimenti Bruxelles non si convince a mettere mano al portafoglio”. “Serve inoltre -prosegue Corso- un ottimo lavoro di squadra: dal governo, alle regioni, dagli enti preposti alla coesione territoriale alle singole imprese. Altrimenti rischiamo di disperdere tempo ed energia. Piani e collaborazione. Gli italiani tendono ad essere allergici ad entrambi ma, nei momenti di crisi, tirano fuori il meglio di loro. Non possiamo che tirare fuori il meglio di noi”, conclude.