L’analisi condotta dal Cerved, società quotata specializzata nell’analisi del rischio di credito, mostra come i fallimenti riguardano indistintamente tutta la penisola: i tassi di crescita sono ovunque a doppia cifra ad eccezione del Nord Est, in cui si registra un incremento del 5,5%, il livello più basso di tutto il territorio. Nel secondo trimestre dell’anno sono stati 4.241, in aumento del 14,3% rispetto allo stesso periodo del 2013. Nell’intero primo semestre i default hanno raggiunto quota 8.120 (+10,5%), record assoluto dall’inizio della serie storica risalente al 2001. In crescita del 14% rispetto al primo semestre 2013 sono invece i fallimenti nel Mezzogiorno e nelle Isole, del 10,7% nel Nord Ovest e del 10,4% nel Centro. I recenti correttivi legislativi hanno fatto crollare le domande di concordato in bianco (-52%) e diminuire i concordati comprensivi di piano (-12,3%). In riduzione anche le liquidazioni che, con un calo del 10,3% tra gennaio e giugno, segnano un’inversione di tendenza a livello semestrale dopo un lungo periodo di incremento. “Stiamo vivendo – commenta Gianandrea De Bernardis, amministratore delegato di Cerved – una fase molto delicata per il sistema delle Pmi italiane: la nuova recessione sta spingendo fuori dal mercato anche imprese che avevano superato con successo la prima fase della crisi e che stanno pagando il conto sia al credit crunch sia a una domanda da troppo tempo stagnante”. Confcommercio, imprese costrette al fallimento, senza riforme economiche Paese resta al palo. “Il dato di oggi sui fallimenti conferma che la crisi continua a dispiegare i suoi effetti, costringendo molte imprese, che finora hanno resistito, a chiudere”. E’ questo il commento di Confcommercio alle rilevazioni sui fallimenti aziendali diffusi dal Cerved. Secondo l’associazione delle imprese, le prospettive di ripresa sono “fragili” ed è “evidente” che le imprese, “per il perdurare della stagnazione dei consumi, per una pressione fiscale che non accenna a diminuire, per l’impossibilità di far fronte ai fabbisogni finanziari, come della scarsa offerta del credito, e per il calo di fiducia” fronteggiano un quadro economico “di crisi strutturale”. “Le riforme economiche – conclude Confcommercio – devono, pertanto, essere al centro dell’agenda di Governo perché se non si attua quella poderosa operazione di sottrazione, meno tasse e meno spesa pubblica, il Paese è destinato a rimare ancora fermo al palo”