Sarà sicuramente un inedito la procedura di voto per l’elezione del prossimo Capo dello Stato, viste le precauzioni legate alla pandemia. Solitamente si procede alla chiama di senatori, deputati e delegati regionali, che prima e dopo aver espresso il voto possono rimanere in Aula o in Transatlantico. È prevedibile che stavolta, secondo quanto avviene con i voti di fiducia, la chiama avverrà in maniera contingentata, evitando soste e assembramenti in Aula.
Non solo. Proprio per evitare un eccessivo affollamento a Montecitorio, almeno inizialmente potrebbe essere previsto un solo scrutinio al giorno, ipotesi comunque tutta da approfondire, soprattutto se dovessero rendersi necessarie più votazioni.
Da verificare poi, per gli stessi motivi, come sarà disciplinato l’accesso al Transatlantico, recentemente riaperto alla stampa dopo essere stato utilizzato per più di un anno come appendice dell’Aula, dove il rischio è che sia necessaria una capienza limitata, salvaguardando naturalmente al massimo l’accesso e la circolazione dei giornalisti.
IL VOTO NELLA CABINA ‘CATAFALCO’ – La votazione per il Capo dello Stato avviene con il metodo della chiama, con senatori, deputati e delegati regionali che ricevono la scheda all’ingresso dell’Aula e sotto il banco della presidenza la depositano nell’urna di vimini verde. Dalla seduta iniziata il 13 maggio 1992 e che portò all’elezione di Oscar Luigi Scalfaro, è stata introdotta una novità che poi si attua in tutte le elezioni del Parlamento in seduta comune, come ad esempio quella per i giudici costituzionali e per i componenti del Csm, vale a dire la presenza di cabine dove i Grandi elettori devono entrare per esprimere il loro voto.
Una procedura inserita per garantire regolarità e segretezza del voto, perché in quella circostanza emerse una discordanza tra il numero dei votanti e quello delle schede. Dopo le vibrate proteste di Marco Pannella, l’allora presidente della Camera, proprio Scalfaro, dopo una riunione congiunta delle Conferenze dei capigruppo di Camera e Senato, dispose, dalle votazioni del 17 maggio, che le schede venissero timbrate e siglate dal segretario generale della Camera; che parlamentari e delegati regionali entrati nel corridoio sotto il banco della Presidenza ricevessero la scheda e la matita; che entrassero nelle apposite cabine e che, una volta votato, deponessero la scheda nell’urna di fronte alla quale vi sarebbe stato un segretario di presidenza. E le cabine per la forma e la collocazione vennero definite ‘un catafalco’.