“A tre settimane dalla prima convocazione è tutto un caos, un caos vero, uno si alza alla mattina e propone la sua candidatura, mai successo. A tutti piace comandare”. Massimiliano Cencelli, storico funzionario della Democrazia Cristiana, classe ’36, fu l’uomo che nell’omonimo manuale formalizzò l’algoritmo per l’assegnazione di ruoli politici e governativi da attribuire a partiti politici o correnti in proporzione al loro peso elettorale.
Ma oggi Cencelli, figlio dell’autista di Pio XII, non vede soluzioni da adottare per il rebus Quirinale: “C’è una situazione ridicola – dice – a Roma si dice ‘brutto zozzo dammene un pezzo’, tutti vogliono qualcosa”. Nessuno sa dipanare la matassa: “Ai miei tempi – ricorda – quando ero nel giro, ci mettevamo intorno al tavolo, con il mio manuale, ci riunivamo dalle parti di Piazza Venezia, ci si scannava, si urlava, ma poi si raggiungeva l’accordo e si usciva con quello in mano, che rispettavano tutti”.
Cossiga viene eletto presidente nell’estate del 1985 e Cencelli rivendica quell’accordo: “Quando fu eletto il suo nome lo tirammo fuori noi, gli amici. Ci pensavamo noi a lui come presidente, ci siamo messi al lavoro”. “Oggi – è il suo rimpianto – è tutto nebuloso, né si può avere la palla per leggere nel futuro, è tutto davvero troppo nebuloso”.
Per l’ex democristiano, già portavoce di Adolfo Sarti e poi collaboratore di Nicola Mancino a questo punto non resta che pregare: “Io spero in Mattarella, certo, lui ha detto di no, e in tv era pure un po’ invecchiato, ma è un galantuomo, questi non si mettono d’accordo, e l’unica chance è che Mattarella possa accontentare tutti, permettendo una soluzione a tempo, magari per due anni”.
Degli altri nomi in campo non sembra troppo convinto: “Draghi? Mah, è pure un po’ antipatico… e poi se è vera la storia dei soldi spesi per la divisa dei funzionari di palazzo Chigi…”. Mentre su Berlusconi nicchia: “Non mi pare un’aquila”. Al Cavaliere forse non ha perdonato una piccola gaffe. “Quando l’incontrai mi parlò di mio padre, elogiandolo per il ‘manuale Cencelli’, fu Gianni Letta a correggerlo, dicendo che era farina del mio sacco”, dice l’ex dc.
I più bei ricordi sono per gli anni della prima Repubblica. “Stavo con Mancino al Senato, una mattina entro alla buvette e Cossiga che era capo dello Stato disse ‘al commendatore il caffè lo pago io’, nominandomi sul campo”, dice ridendo. “A Pertini regalai un pipa”, ricorda ancora. “La tragedia – spiega, tornando a oggi – è che non esistono più i partiti, questa è la tragedia italiana. Sono davvero demoralizzato”.