In poche settimane, causa una contagiosità dilagante, è divenuta lo spauracchio di mezzo mondo, e mentre si cerca di capirne la reale pericolosità – soprattutto a lungo termine – la variante Omicron continua a conquistare anche l’Europa.
Un’avanzata, quella della mutazione, che ha indotto diversi paesi a pensare alla somministrazione di una quarta dose del vaccino anti-Covid, per creare di arginarla.
Un’eventualità che a quanto sembra Israele si appresta a trasformare in realtà, almeno nei confronti della popolazione over 60 e del personale sanitario. In queste stesse ore anche la Germania ha annunciato che si sta apprestando a “un’aggressiva campagna di ‘booster’ contro la variante Omicron”.
Un tema rispetto al quale anche l’Italia – tra i paesi che vanta il maggior numero di vaccinati – si sta confrontando.
In realtà, in questo caso per ‘quarta dose’ si intende la quarta inoculazione di un vaccino ‘nato’ smisura per il Covid-19 e non per le sue varianti. Probabilmente sarà invece necessario, ed urgente, lavorare su queste ultime, attraverso un ‘aggiornamento’, così come avviene per il vaccino antinfluenzale.
Ma cosa ne pensano realmente gli esperti virologi, immunologi, ecc in merito? Vediamolo insieme…
Oltre che il presidente della Società italiana di virologia (Siv-Isv), Arnaldo Caruso è soprattutto ordinario di Microbiologia e Microbiologia clinica all’università degli Studi di Brescia, direttore del Laboratorio di microbiologia dell’Asst Spedali Civili. Rispetto all’eventualità di un‘ulteriore dose di richiamo, l’esperto afferma che “Se quarta dose dovrà essere, quarta dose sia, ma con un vaccino adattato alla variante Omicron, destinata a diventare dominante in brevissimo tempo. Perché pensare di continuare le immunizzazioni future con un vaccino che risale a inizio pandemia, in questo momento non ha più grande senso”.
Del resto, aggiunge l’ordinario di Microbiologia e Microbiologia clinica, “se continuiamo a fare Green pass con scadenza, la quarta dose sarà un’evoluzione naturale. Ma imposta dalle leggi e non dalla scienza, perché a questo punto, se proprio di vaccino vogliamo parlare, pur ribadendo che aderire alla campagna di immunizzazione contro Covid-19 resta fondamentale, dovremmo iniziare a parlare di un vaccino che sia quantomeno adattato all’ultima variante di Sars-CoV-2, così come avviene ogni anno per la profilassi antinfluenzale“.
Dal canto suo, il presidente dell’Agenzia italiana del farmaco Aifa, Giorgio Palù, prima di partire con la quarta dose di vaccino contro Covid-19, preferirebbe aspettare di “valutare l’impatto clinico della variante Omicron. C’è già la tecnologia per adeguare i vaccini alle nuove varianti e si sta discutendo se è possibile accelerare i tempi per la vaccinazione“.
Storce invece il naso il direttore del Dipartimento di medicina molecolare dell’università di Padova, Andrea Crisanti alla notizia che Israele ha annunciato una quarta dose di vaccino per gli over 60 e gli operatori sanitari “è preoccupante, non è un segnale buono. Io l’ho visto con i miei occhi: ho colleghi che hanno fatto la terza dose un mese fa e si sono infettati. E non è la variante Omicron. Non c’entra. Qui è tutta Delta”.
Contrario ad una quarta dose anche il virologo Fabrizio Pregliasco, il quale ribatte senza pensare “Per ora direi di no. L’ok per anziani è fragili è il destino di questa vaccinazione, che transiterà in uno schema, un piano vaccinale, come quello dell’influenza“.
“Se Israele ha preso questa decisione c’è una strategia ragionata, ma vediamo. Per ora sono quarte dosi solo per una specifica fascia di popolazione. Io personalmente, se sarà che ci dovremo vaccinarci ogni 6 mesi, non ci trovo nulla di male se questo ci permette di vivere più tranquillamente come accade oggi“, commenta invece il direttore della Clinica di malattie infettive all’ospedale Policlinico San Martino di Genova, Matteo Bassetti.
Del resto, prosegue l’infettivologo ligure, “Israele è un laboratorio a cielo aperto, partiranno con le quarte dosi dopo che a luglio erano iniziate le terze dosi e si inizierà con gli over 60 e gli operatori sanitari. Ma lo faranno da gennaio, quindi a 6 mesi. Oggi in reparto si vede che la prognosi Covid per un vaccinato positivo e per uno non immunizzato è molto diversa – spiega Bassetti – Tutto deve esser governato dall’esperienza e dai dati scientifici che, se diranno che il richiamo va fatto ogni 6 mesi, lo faremo. La medicina cambia, non rimane immutabile nel tempo, è in continua evoluzione. Solo gli ignoranti si stupiscono di questo”.
Della stessa opinione anche la direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano, Maria Rita Gismondo, che replica: “Abbiamo ormai molto chiaro che gli attuali vaccini ci proteggono per 4-5 mesi, quindi dal punto di vista squisitamente scientifico ripetere la dose dopo 4-5 mesi è perfettamente calzante, scientificamente plausibile, però non piacevole. Quindi ci aspettiamo che la ricerca ci porti un vaccino che possa essere perlomeno annuale, come quello dell’influenza“.
Tuttavia, il responsabile per il Sud-Italia della Fondazione per la medicina personalizzata, Mauro Minelli, solleva alcune perplessità: “Quello che francamente continua a sfuggirmi, è perché mai noi dovremmo avere Israele, la cui popolazione è addirittura inferiore a quella di qualche nostra regione, come elemento guida delle nostre scelte. Servono più informazioni prima di poter affermare con sicurezza ferma ed univoca che è il caso di prevedere una nuova dose magari di vaccini perfino adeguati alle varianti dominanti”.
Ovviamente, con l’avvento della variante Omicron, prosegue l’esperto, “siamo tutti esposti ad un preoccupante aumento dei contagi, ma quel che appare evidente è che l’Italia tutto sommato stia raccogliendo i frutti di scelte ponderate che poggiano essenzialmente sul comportamento composto e responsabile degli italiani nell’adeguarsi alle misure anti-Covid e sulla serietà e tempestività con cui è stata condotta la campagna vaccinale”.
C’è invece molto meno disincanto nelle affermazioni dell’infettivologo Roberto Cauda, secondo cui “Credo che nel 2022 dovremo ancora fare un ulteriore richiamo anti-Covid, magari con un vaccino aggiornato, sia esso proteico, a Rna o a Dna, ma con le nuove varianti in modo da essere proprio diretto verso questo. “Ma in assenza di questo facciamo comunque la vaccinazione e soprattutto la terza dose di richiamo – raccomanda – perché ci protegge contro la malattia severa e la morte in modo più che soddisfacente“
Max