Aggiornamento 13 maggio
Il 18 maggio prenderà il via una nuova fase dell’emergenza coronavirus, che prevede la riapertura di diverse attività tra cui negozi, bar e ristoranti. Una decisione che verrà presa in maniera autonoma dalle singole regioni, che avranno quindi pieno potere decisionale, che si scontrerebbe col volere del Governo solo nel caso in cui la curva epidemica costringesse ad un cambio di rotta.
Tra le attività citate non è stato fatto però accenno ai tatuatori, che dovrebbero però rientrare nel gruppo di attività destinate alla cura della persona. La data di ripresa anche in questo caso sarebbe quindi fissata al 18 maggio, in attesa che ogni regioni delinei il suo piano d’azione, in modo da dare il tempo anche agli esercenti di mettersi in regola con le nuove normative imposte dal Governo.
La fase 2 presentata da Conte il 26 aprile ha dato il via alla riapertura di alcune attività, altre, invece, dovranno attendere ancora un po’ per rialzare le serrande. Parrucchieri, barbieri e in generale attività per la cura della persona riapriranno i battenti da giugno, per l’incredulità e la rabbia dei proprietari e delle associazioni di salvaguardia delle categorie.
In molti ad esempio si stanno chiedendo quando riapriranno i tatuatori, e anche in questo caso l’attesa sarà prolungata fino a giugno. Conte non ne ha fatto un chiaro riferimento, ma il decreto parla di una possibile riapertura a giugno. Anche se, come per altre categorie, la riapertura è soggetta all’andamento della curva epidemica.
Giugno è la data fissata per la riapertura dei tatuatori, che non hanno accettato di buon grado la decisione presa dal governo. La categoria, tramite l’associazione ‘Art’ aveva infatti richiesto la possibilità di riapertura a partire dal 4 maggio con l’ausilio di norme ancora più stringenti di quelle già in atto a partire dal 2003.
Proposta evidentemente rispedita al mittente e riapertura slittata al primo giugno, in concomitanza con parrucchieri, barbieri e centri estetici. Uno stop che potrebbe favorire il proliferare dell’abusivismo della professione, con sedute a domicilio senza le dovute precauzione per evitare contagi e infezioni.