(Adnkronos) – Da quando Sars-CoV-2 ha travolto il mondo con una pandemia senza uguali nella storia, “c’è come un fiume carsico che scorre” dentro l’anima delle persone e continua a scavare. E’ un fiume che “ha profondamente alterato quelli che erano dei percorsi relazionali, sociali, familiari e affettivi”. Risultato: se già “i disturbi affettivi, fondamentalmente depressione e disturbi d’ansia gravi”, erano un’emergenza ‘rosa’, “nell’era dell’imprevedibilità alimentata da eventi come Covid e la guerra in Ucraina” nel cuore dell’Europa, “il loro impatto sulla popolazione in generale e sulle donne in particolare si è aggravato ancora di più”. E a preoccupare sono le giovanissime. E’ lo psichiatra Claudio Mencacci, co-presidente della Società italiana di neuropsicofarmacologia (Sinpf) e direttore emerito di Psichiatria al Fatebenefratelli di Milano, a lanciare l’allarme.
“La novità è che stiamo assistendo a un picco di grande prevalenza nell’area giovanile”, fra le “ragazze dai 15 ai 18 anni”, spiega l’Adnkronos Salute oggi a Milano, a margine di un corso dedicato proprio ai disturbi affettivi di genere nell’era dell’imprevedibilità, organizzato dalla Sinpf e da Fondazione Onda con il contributo di Viatris, azienda che opera nell’ambito della salute. Un corso dedicato ai medici di famiglia e ai medici con specializzazione in psichiatria e neurologia. “Normalmente – illustra Mencacci – già c’è una crescita” dei disturbi affettivi “in quel periodo anagrafico, che è legata a condizioni ormonali, ma un’ulteriore impennata è stata registrata nel corso della pandemia e di tutti gli eventi sociali e relazionali che ha comportato”.
Questa crescita “si mantiene ancora oggi – avverte lo specialista – Abbiamo visto un aumento soprattutto tra le giovani donne di depressione, da un lato, ma non solo. Sono cresciuti anche i comportamenti autolesivi, come i tagli, e abbiamo rilevato un aumento molto consistente dei disturbi del comportamento alimentare. E poi altri fenomeni che includono anche un aumento dell’utilizzo di alcol sempre in questa fascia di età”. E’ il bilancio che lo psichiatra consegna nel primo 8 marzo ‘post pandemia’, che giunge nel pieno di una crisi internazionale accesa dalla guerra. “Naturalmente ad essere colpite sono le categorie più indifese: gli adolescenti in generale, e le donne. O comunque tutte le persone fragili”, osserva.
“I disturbi affettivi sono una delle principali cause di quella che noi chiamiamo ‘sindemia’. Una sorta di mix tra gli effetti ‘fisici’ della pandemia e ciò che ha provocato, tra cui altre patologie, sanitarie ed emozionali, con un forte impatto di natura sociale, ambientale, relazionale, acuite oggi dall’incertezza dominata da uno scenario internazionale di guerra molto vicino a noi e che ha toccato la nostra quotidianità”, analizza Mencacci. Nel dettaglio, prosegue, “i disturbi affettivi sono cresciuti negli ultimi 10 anni del 20%, e con la pandemia sono aumentati di un ulteriore 25%. Il genere femminile ne soffre di più, in un rapporto 2 a 1”.
Il ‘fattore rosa’ pesa anche nelle diverse fasi della vita. “Abbiamo un picco ancora nel genere femminile che riguarda la fase del peri climaterio, un innalzamento della casistica nelle donne – descrive ancora lo psichiatra – Ed è poi importante riconoscere che nella fase della vita adulta abbiamo un altro periodo di grande sensibilità, che è quello legato alla gravidanza. Anche nell’ambito della gravidanza si è avuto un aumento dei disturbi depressivi perinatali durante il Covid: sono aumentati in questo caso del 30%. Se quindi normalmente nella popolazione” l’impatto “è attorno al 15% delle gravidanze, c’è stato un ulteriore incremento durante la fase della pandemia”.
Perché proprio le donne nel mirino? “Le differenze più significative di genere che espongono di più la donna allo sviluppo dei disturbi affettivi sono sicuramente di ordine biologico, in senso sia genetico sia di familiarità per trasmissione sulla linea materna, ma anche di carattere ambientale”, ragiona Mencacci. “La donna è maggiormente esposta fin dall’inizio anche a quelle condizioni che abbiamo definito non solo di abusi fisici-sessuali, ma di abusi emotivi”. E questi “hanno una particolare importanza”, un peso sul cuore delle ragazze e delle donne, che vengono spinte a “vergognarsi delle proprie azioni”, che finiscono per “non credere alle proprie potenzialità. E’ il contesto ambientale e sociale che le espone a questo, e a una maggiore sensibilità a sviluppare fenomeni di carattere pro-infiammatorio, un altro fattore di rischio per lo sviluppo di depressione”. Il co-presidente Sinpf parla di “interazione tra infiammazione, sistema immunitario, depressione, eventi traumatici che si sviluppano soprattutto nella prima fase dell’infanzia”, un mix che fa da amplificatore.
Si generano “problemi molteplici”, riporta Mencacci. Ancora una volta è il ‘cuore’ delle donne che finisce sotto attacco. “Oggi abbiamo ricordato come la depressione aumenta anche il rischio di patologia cardiovascolare nella donna, molto più che nell’uomo. L’obiettivo è portare all’attenzione dei medici diversi aspetti, sfatando tanti luoghi comuni. Abbiamo anche voluto sottolineare l’importanza che riveste la ricerca applicata al genere e come tutto questo abbia delle ripercussioni sul riconoscimento” delle patologie “e sul trattamento”, continua lo psichiatra. Secondo l’esperto all’emergenza rosa si risponde in primo luogo innescando “un meccanismo più generale: vogliamo che ci sia sensibilità” su queste problematiche, “e riconoscimento. A tutt’oggi i disturbi depressivi non sono riconosciuti in oltre 50% dei casi”.
C’è poi un problema di trattamento. “Le persone che a loro volta fanno delle cure sono ancora di meno e, tra quelle che le ricevono, molte non hanno aderenza alla terapia. Bisogna sensibilizzare e informare in maniera adeguata e corretta, far sì che le persone – a partire dagli adolescenti e via via in tutte le fasi d’età, con grande attenzione al periodo del perinatalità – abbiano il giusto supporto e adeguate cure e sostegno perché questo cambia totalmente la prospettiva. Prospettiva di futuro per un giovane, e per la persona adulta la prospettiva delle sue capacità professionali, relazionali e familiari”.
Le scuole, nella visione del co-presidente Sinpf, hanno un ruolo “fondamentale, anche per quanto riguarda il nostro desiderio di fare degli screening nella popolazione a partire dai 12 ai 18 anni. Si è vista in diverse esperienze nel mondo” la differenza che può fare “l’individuazione dei giovani uomini e donne” con problematiche di questo tipo. “Intervenendo e monitorandoli per tempo, cambia enormemente la prospettiva. Insistiamo molto poi che ci sia una specifica attenzione per il perinatale e per la popolazione più matura. Anche” in questi due gruppi “il tema del genere e della solitudine è tra i più importanti”. Con il corso, conclude la presidente di Fondazione Onda, Francesca Merzagora, “vogliamo fornire ai medici (sia di famiglia che specialisti) una serie di informazioni e di strumenti utili ad affrontare con i loro pazienti questa fase storica davvero molto difficile e dalla quale si stava uscendo proprio nel momento in cui è scoppiata una guerra ai confini dell’Europa. Stavamo ricreando lentamente il nostro ‘luogo sicuro’ dopo la pandemia, e tutto è stato nuovamente messo in discussione, soprattutto per le categorie più indifese come le donne e gli adolescenti”.