Ieri è iniziato lo sciopero dei giudici di pace a distanza di un mese dallultima protesta, che si
prolungherà fino a lunedì 10, per dissentire riguardo al progetto di riforma della magistratura
onoraria steso dal Ministro Andrea Orlando, il quale si è dichiarato sorpreso per i recenti scioperi
della suddetta classe. Al disegno di legge, il segretario generale Unagipa (Unione nazionale
giudici di pace) Alberto Rossi risponde: “Smentiamo categoricamente che sul ddl di riforma della
magistratura onoraria, approvato dal Consiglio dei Ministri il 29 agosto scorso e non ancora
presentato in Parlamento, vi sia mai stato accordo con le associazioni di categoria.
Negli incontri tenuti al ministero si è parlato solo di durata del rapporto, malgrado le nostre
insistenti ed inascoltate richieste di estendere la discussione anche agli altri aspetti essenziali della
riforma, e ci siamo limitati a registrare l’impegno del Ministro Orlando di garantire la rinnovabilità
dei mandati a tutti i magistrati in servizio sino al raggiungimento dell’età pensionabile, impegno
poi clamorosamente smentito nel disegno di riforma, come anche confermato nell’ultimo
comunicato stampa del Ministro del 21 ottobre scorso”. Continua Rossi: Non è accettabile che
un ministro prima assuma impegni precisi in relazione alla durata del rapporto e al trattamento
economico e previdenziale dei giudici di pace e degli altri magistrati onorari, e poi disattenda
questi impegni presentando al Consiglio dei Ministri un disegno di legge che va nel senso
opposto.
Il presidente dellUnione, Mariaflora Di Giovanni: Avevamo avvertito il ministro Orlando
che non ci saremmo fermati e continueremo nelle azioni di protesta fino a che il disegno
di riforma predisposto dal ministero della Giustizia non verrà ritiratoe radicalmente
modificato, conformemente agli impegni assunti dal ministro già a marzo di questanno,
impegni integralmente disattesi.
A causa dellastensione duecentomila processi slitteranno al 2015 e tutto ciò a danno dei cittadini
che dovranno chiedere giustizia ad un giudice precario, sottopagato che non potrà garantire
terzietà, professionalità e indipendenza.