Purtroppo, essendone testimoni diretti, sono notizie apparentemente ‘scontate’ ma l’Istituto di ricerca svolge al meglio il suo mestiere, monitorando nei particolari ciò che accade.
Dunque nel mese di aprile, vale a dire in piena ’quarantena’, la produzione industriale italiana ha dovuto subire un crollo ‘storico’. Basti pensare che rispetto a marzo l’indice è sceso del 19,1% andando così a dimezzarsi su base annua con un valore pari al 42,5%.
Se letto su base mensile, e nello specifico, spiega ancora l’Istat, il solo aumento ha riguardato l’energia (+0,7%), rispetto agli eventi cali subiti dai beni intermedi (-24,6%), e da quelli strumentali (-21,8%), con da meno anche per i beni di consumo (-14,0%). Per farla breve, rispetto ai tre mesi precedenti, fra febbraio ed aprile la media relativa alla produzione è scesa del 23,2%.
Istat: dal tessile ‘a lutto’, ai farmaci e tabacco ‘vivi’
Ma quali sono i settori che hanno maggiormente subito tale ‘disastro’? A soffrire di più sono state industrie tessili, l’abbigliamento, le pelli e gli accessori (-80,5%). Quindi i settori relativi alla fabbricazione di mezzi di trasporto (-74,0%); delle altre industrie (-57,0%) e della fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche (-56,3%).
Lievemente meglio è andata invece alla produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (-6,7%), alle industrie alimentari, ed a quelle di bevande e tabacco (-8,1%).
Dal canto suo l’Istat, basandosi su base congiunturale, ha commentato che al netto della stagionalità, la flessione è “meno ampia di quella di marzo (-28,4%); l’unico comparto in leggera crescita è quello farmaceutico (+2,0%), mentre rimane sostanzialmente stabile quello alimentare (-0,1%)”.
Istati: “L’effetto coronavirus ha bloccato l’esportazione”
Ovviamente, sempre in relazione al primo trimestre dell’anno in corso, è stato stimato anche l’ampio calo congiunturale delle esportazioni, rivolto a tutte le ripartizioni territoriali. Diminuzione ovviamente maggiormente sofferta dal Nord-est (-6,8%), da Sud e Isole (-5,4%), mentre si è rivelato più moderata per Nord-ovest (-3,3%), e per il Centro (-3,5%). “La dinamica territoriale delle esportazioni nel primo trimestre 2020 – ha infatti commentato l’stat – è condizionata dagli effetti economici che l’emergenza Covid-19 ha avuto sull’export italiano nel mese di marzo. Nel primo trimestre 2020, il calo congiunturale dell’export interessa le ripartizioni territoriali con intensità diversa, risultando particolarmente marcata per il Nord-est che da solo spiega la metà della contrazione dell’export nazionale”.
Istat: pochissime le regioni ‘graziate’ dall’export
Pr quel che riguarda invece l’export, sempre nel primo trimestre è stata anche qui ravvisato una diminuzione su base annua superiore alla media nazionale per il Nord-est (-2,5%) e il Nord-ovest (-2,2%) e più contenuta per il Centro (-1,5%). Un pochino meglio invece per il Mezzogiorno, che vanta un lieve aumento delle vendite (+1,1%).
Tuttavia, spiega ancora l’Istituto di ricerca, la flessione tendenziale dell’export coinvolge oltre la metà delle regioni italiane, come Valle d’Aosta (-21,4%), Basilicata (-17,2%) e Marche (-9,5%). Malissimo poi Da segnalare la Lombardia (-3%) che, soltanto lei contribuisce per 0,8 punti percentuali alla flessione su base annua dell’export nazionale.
Fra le regioni rivelatesi invece più malleabili, ecco il Molise (+57%), la Liguria (+39,0%) e la Sardegna (+12,2%).
Istat: il metallo ha finito per ‘pesare’ molto
Di contro però, l’evidente calo di vendite relative ai macchinari e agli apparecchi da Lombardia, Emilia-Romagna, Piemonte e Veneto, e di metalli di base e prodotti in metallo dalla Lombardi, a livello nazionale ha notevolmente ‘influenzato’ il calo tendenziale dell’export per 1,7 pp.
In definitiva, commenta infine l’Istat, ”Su base annua -la dinamica delle esportazioni è negativa per tutte le ripartizioni, a eccezione del Mezzogiorno. La flessione tendenziale dell’export ha interessato le principali regioni italiane esportatrici: nel primo trimestre 2020, il calo delle vendite da Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte contribuisce per 2,2 punti percentuali alla flessione su base annua dell’export nazionale”.
Max