Stavolta a far risuonare i loro nomi non è stato ‘l’appello’, come si usava una volta nelle caserme militari, ma i giudici della I Corte di assise di Roma, chiamati ad emettere le sentenze per i carabinieri imputati nel processo Cucchi. Ebbene, secondo il tribunale, il geometra 31enne romano è stato vittima di un omicidio preterintenzionale, per il quale sono stati condannati a 12 anni i carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro; poi 3 anni e 8 mesi al maresciallo Roberto Mandolini, e 2 anni e mezzo a Tedesco, come il primo accusati di falso. Tra gli assolti: Vincenzo Nicolardi e Francesco Tedesco (‘per non aver commesso il fatto’). Questi ultimi due, insieme a Mandolini, sono stati sciolti dall’accusa di calunnia.
Per aver duramente picchiato Stefano Cucchi all’interno della stazione Casilina la notte del suo fermo, inizialmente il pm Giovanni Musarò aveva chiesto per Di Bernardo e D’Alessandro 18 anni di carcere.
Poco prima delle sentenza appena riportata, si è concluso anche il terzo processo d’appello per la morte di Cucchi, che vedeva imputati di omicidio colposo cinque medici dell’ospedale Sandro Pertini. Quattro di loro (Aldo Fierro, Flaminia Bruno, Luigi De Marchis Preite e Silvia Di Carlo), sono stati assolti in seguito alla sentenza di ‘non doversi procedere’ per intervenuta prescrizione, mentre, il quinto (Stefania Corbi), con assoluzione piena.
Era stato Mario Remus, sostituto pg, a chiedere nel corso dell’udienza dello scorso 6 maggio ‘il non doversi procedere per prescrizione del reato’. “La prescrizione del reato – dise in quell’occasione il sostituto procuratore generale nel corso della sua requisitoria- è una sconfitta per la giustizia ma questo processo è stato fatto fra mille difficoltà”. Quindi aggiunse con amarezza, “Per salvare Stefano Cucchi sarebbe bastato un tocco di umanità, un gesto, per convincerlo a bere e a mangiare”.
Max