Ieri si è tenuto a Charleston, in South Carolina, il decimo dibattito televisivo fra i candidati del Partito democratico degli Stati Uniti in corsa per ottenere la candidatura per le elezioni presidenziali del prossimo novembre. È stato l’ultimo dibattito prima del voto di sabato in South Carolina e del Super Tuesday del 3 marzo, dove voteranno ben 14 Stati.
Hanno partecipato alla discussione sette candidati: il senatore del Vermont Bernie Sanders, l’ex vicepresidente di Obama Joe Biden, l’ex sindaco di New York Michael Bloomberg, la senatrice del Massachusetts Elizabeth Warren, l’ex sindaco di South Bend Pete Buttigieg, la senatrice del Minnesota Amy Klobuchar e l’imprenditore Tom Steyer. I sette si sono dati battaglia senza esclusione di colpi, dando vita al dibattito più caotico di queste primarie.
Tutti contro Sanders
Il più attaccato è stato Sanders, che, dopo i successi in Iowa, New Hampshire e Nevada, è dato in testa ai sondaggi nazionali. “Stasera il mio nome è stato menzionato un po’. Chissà perché?” ha detto il senatore nel corso della diretta. La sua popolarità continua a crescere. Non stupisce dunque che molti dei candidati abbiano provato a screditarlo.
Biden ha accusato Sanders sue due fronti: di essere stato in passato troppo morbido sulla questione del possesso delle armi e di aver rilasciato dichiarazioni celebrative sui programmi di alfabetizzazione nella Cuba di Fidel Castro. “Ho detto ciò che disse anche Obama”, ha replicato Sanders nel momento forse più difficile della serata.
Buttigieg e Bloomberg hanno insistito sulla impossibilità che Sanders possa battere il presidente Trump alle presidenziali, la Klobuchar sulla irrealizzabilità delle sue radicali e irrealistiche proposte, buone solo “per gli adesivi da attaccare sulle auto”.
Nonostante gli attacchi Sanders si è difeso bene e non è uscito con le ossa rotte dal palco di Charleston. A chi lo dà per vinto contro Trump, Sanders ha risposto che sarà in grado di mobilitare le minoranze e i più poveri, solitamente i meno inclini ad andare alle urne negli States.
Joe Biden
È un Biden ritrovato quello visto in questo dibattito. Non è stato come al solito sulla difensiva, ma ha attaccato e si è fatto attaccare. E non poteva non essere così dato che il voto di sabato in South Carolina rappresenta per lui un’ultima spiaggia. Nello Stato gode dell’appoggio della numerosa comunità afroamericana e i sondaggi lo danno al primo posto al 30%. Ma su scala nazionale non è più il front runner del partito. Gli insuccessi in Iowa, New Hampshire e Nevada si sono fatti sentire e un’eventuale vittoria risicata in South Carolina sarebbe una sconfitta in vista del Super Tuesday.
Michael Bloomberg
Forse quello visto nel dibattito di Las Vegas era la sua controfigura. Ieri è apparso molto più in forma rispetto all’ultima uscita. Ha rivendicato la sua esperienza politica: “Ho guidato una città (New York) che è più grande della maggior parte dei paesi del mondo”, sottolineando le difficoltà e le crisi (l’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001) che ha dovuto affrontare da sindaco. “I know what to do”. So cosa fare, ha detto.
È stato attaccato come sempre da Sanders di essere un miliardario che compra le elezioni, ma questa volta Bloomberg si è difeso bene, ricambiando il pugno: “Vladimir Putin pensa che Donald Trump dovrebbe essere rieletto presidente degli Stati Uniti. Per questo la Russia ti sta aiutando, così perderai contro di lui”.
Bloomberg non parteciperà in South Carolina, così come è successo nei tre Stati precedenti, ma farà il suo ingresso in queste primarie nel Super Tuesday.
Elizabeth Warren
Dopo le batoste prese in Iowa, New Hampshire e Nevada ha finalmente capito cosa fare, scrive NbcNews: spiegare perché potrebbe essere un presidente migliore di Sanders. Nonostante i due condividano molte proposte e l’ala progressista del partito, la senatrice ha detto di essere più efficace a governare di lui. Lo conferma la sua esperienza e la sua tenacia. Tenacia che ha mostrato nelle critiche a Bloomberg, di cui è stata una vera e propria spina nel fianco.
Gli outsider: Buttigieg e Klobuchar
Nel dibattito di Las Vegas si erano contesi lo scettro di candidato moderato del partito democratico. Ieri il bersaglio preferito di entrambi è stato Sanders.
In particolare per Buttigieg le primarie in South Carolina rappresentano un test importante. Dopo il successo in Iowa e i buoni risultati in New Hampshire e Nevada, mayor Pete spera di confermarsi anche sabato per arrivare al Super Tuesday in una posizione di forza. I sondaggi però non sono confortanti e in South Carolina Buttigieg non gode dell’appoggio dei neri. Lo stesso vale per la Klobuchar che, nonostante non stia sfigurando affatto in queste primarie, è molto indietro nei polls. Forse dopo il 3 marzo si riuscirà a capire meglio se la loro candidatura sia stata solo un fuoco di paglia.
Tom Steyer
Il miliardario Steyer è l’unico non politico di professione rimasto in corsa per la nomination del partito. In South Carolina va forte nei sondaggi: nelle spese per le pubblicità televisive non si è risparmiato. Ieri nel dibattito non ha particolarmente brillato, ma si è dichiarato preoccupato che il democratico che correrà contro Trump alle presidenziali possa essere un socialista, Sanders, o un ex repubblicano, Bloomberg.
Mario Bonito