Le indagini nei confronti di Roberto Maroni sono state chiuse da Eugenio Fusco. Il casus belli è una presunta turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente e induzione indebita nell’ambito di pressioni per far ottenere un lavoro e un viaggio a Tokyo a due sue ex collaboratrici al Viminale. Risultano tra i sei indagati anche la società Expo e il suo direttore generale Christian Malangone. L’induzione indebita è compresa nella legge Severino e, nel caso di una condanna di primo grado, Maroni potrebbe dover lasciare la carica. Agli atti c’è un sms inviato da Giacomo Ciriello, capo della segreteria del governatore lombardo al dg di Expo Malangone il 27/luglio/2014. Il Governatore lombardo Roberto Maroni avrebbe fatto “pressioni”, attraverso il capo della sua segreteria Giacomo Ciriello, affinché il dg di Expo Christian Malangone promettesse di “intervenire” sulla società per il pagamento di “biglietti aerei business class” e per il soggiorno “di lusso” in un albergo per un totale di oltre 6mila euro a favore dell’ex collaboratrice di Maroni, Maria Grazia Paturzo, in relazione ad un viaggio a Tokyo. Secondo gli inquirenti che si occupano dell’inchiesta sarebbe emerso anche un legame affettivo-sentimentale tra Maroni e la Paturzo, sua ex collaboratrice al Viminale. Dal canto suo Roberto Maroni dice di sentirsi tranquillissimo: ’’Finalmente dopo un anno le indagini si chiudono, era ora. Se per una sciocchezza come questa ci vuole un anno poveri noi. Io sono tranquillissimo – ha detto durante una conferenza in Regione con Giovanni Toti – nella mia vita non ho mai fatto pressioni, neanche per amici, figli o parenti’’. Il governatore della Lombardia ha voluto esprimere con ironia di ’’essere colpevole solo di una cosa, di aver fatto risparmiare soldi alla Regione’’ non partecipando al viaggio a Tokyo per l’Expotour finito nella inchiesta. ’’Ho mandato il vicepresidente Mantovani – ha concluso – che ha viaggiato con 4 anzichè 6 persone’’. Secondo la difesa di Maroni non c’è reato né danno alle casse della Regione: “A parte citazioni ad effetto di alcuni sms il cui contenuto è stato palesemente modificato, non si colgono né gli estremi del reato, né tanto meno il danno per le casse di Regione Lombardia” Il legale, a proposito delle contestazioni mosse dal pm di Milano Eugenio Fusco, spiega che a suo avviso si tratta di “elementi minimi necessari per poter “enunciare” una ipotesi di reato, ancor prima di affrontare il tema centrale del dolo che nel caso del Presidente Maroni è del tutto inesistente”. L’avvocato aggiunge: “Spero, viste le particolari capacità giuridiche del dott. Fusco, che l’accusa non si lasci tentare dalle tante sirene del consenso e si torni da subito a discutere e confrontarsi di fatti e non di valutazioni extra giuridiche che non hanno alcuna rilevanza sul piano penale”. “Occorre procedere con senso di responsabilità – conclude il difensore – e dare da subito alle contestazioni la corretta dimensione. Ritengo che il curriculum istituzionale del Presidente Maroni consenta a tutti gli operatori questo pur minimo riguardo”.