Seppure il centrodestra (così come il centrosinistra), si presentasse in Aula compatto e deciso, i numeri a disposizione da soli non basterebbero comunque ad indirizzare la votazione per il nuovo Capo dello stato verso un’unica precisa direzione.
A conti fatti, nessuno degli schieramenti in lizza presenta infatti abbastanza numeri per poter determinare, nemmeno qualora il tetto si abbassasse.
Ad esempio, sempre prendendo ad esempio il centrodestra (apparentemente molto più ‘legato’), ecco i 64 senatori ed i 133 deputati della Lega, i 50 senatori ed i 79 deputati di Forza Italia, ed i 21 senatori e 37 deputati di Fratelli d’Italia. Parliamo di ben 384 parlamentari anzi, 383 (la Casellati, in quanto presidente del Senato, non dovrebbe votare), più 32 delegati regionali, che andrebbero a confluire nei complessivi 415 ‘grandi elettori’ del centrodestra. Tuttavia, anche per ‘natura’ di alcune formazioni e di diversi personaggi interni, non bisogna dare per scontato che poi, alla resa dei conti’ (se non per dare ‘peso’ a determinate direzioni), siano veramente in 414 ad aderire verso un unico nominativo.
Pensiamo ad esempio ad altri schieramenti, ma con l’ago della bilancia spostato più verso il centro che a destra, come Coraggio Italia, che alla Camera ha 21 deputati, e può corre sull’appoggio dei 9 senatori di Idea-Cambiamo (e sono 30). Da non sottovalutare anche le ‘oscillazioni’ dei 44 di Italia viva (29 deputati e 15 senatori), più i 5 deputati del ‘sgarbiano’ Noi con l’Italia, e dei 6 del Centro democratico di Bruno Tabacci, parliamo di ben ecco che 85 grandi elettori anzi, 86 con Toti. Inoltre, in questo senso, tra gli ‘sciolti’ possiamo anche annoverare alla Camera: Giusi Bartolozzi, Stefano Benigni e Claudio Pedrazzini (ex Fi), Mario Borghese.
Dunque ’se’, Coraggio Italia e Noi con l’Italia (leader compresi),dovessero far pendere il piatto della bilancia, l’impatto peserebbe e non poco.
Seppure il centrodestra (così come il centrosinistra), si presentasse in Aula compatto e deciso, i numeri a disposizione da soli non basterebbero comunque ad indirizzare la votazione per il nuovo Capo dello stato verso un’unica precisa direzione.
A conti fatti, nessuno degli schieramenti in lizza presenta infatti abbastanza numeri per poter determinare, nemmeno qualora il tetto si abbassasse.
Il centrodestra nella migliore delle ipotesi potrebbe contare su circa 414 preferenze ma non sono poi così scontate
Ad esempio, sempre prendendo ad esempio il centrodestra (apparentemente molto più ‘legato’), ecco i 64 senatori ed i 133 deputati della Lega, i 50 senatori ed i 79 deputati di Forza Italia, ed i 21 senatori e 37 deputati di Fratelli d’Italia. Parliamo di ben 384 parlamentari anzi, 383 (la Casellati, in quanto presidente del Senato, non dovrebbe votare), più 32 delegati regionali, che andrebbero a confluire nei complessivi 415 ‘grandi elettori’ del centrodestra. Tuttavia, anche per ‘natura’ di alcune formazioni e di diversi personaggi interni, non bisogna dare per scontato che poi, alla resa dei conti’ (se non per dare ‘peso’ a determinate direzioni), siano veramente in 414 ad aderire verso un unico nominativo.
Pensiamo ad esempio a schieramenti in seno al centrodestra, ma con l’ago della bilancia spostato più verso il centro che a destra, come Coraggio Italia, che alla Camera ha 21 deputati, e può corre sull’appoggio dei 9 senatori di Idea-Cambiamo (e sono 30). Da non sottovalutare anche le ‘oscillazioni’ dei 44 di Italia viva (29 deputati e 15 senatori), più i 5 deputati del ‘sgarbiano’ Noi con l’Italia, e dei 6 del Centro democratico di Bruno Tabacci, parliamo di ben ecco che 85 grandi elettori anzi, 86 con Toti. Inoltre, in questo senso, tra gli ‘sciolti’ possiamo anche annoverare alla Camera: Giusi Bartolozzi, Stefano Benigni e Claudio Pedrazzini (ex Fi), Mario Borghese.
Dunque ’se’, Coraggio Italia e Noi con l’Italia (leader compresi), decidessero di onorare gli accordi abbozzati prima di Natale, e compattarsi così al centrodestra, parleremmo di uno schieramento capace di esprimere 450 preferenze.
C’è poi da capire come andranno a posizionarsi i numerosi ‘transfughi’ M5s, oggi per lo più approdati nel Gruppo Misto: a Palazzo Madama se ne contano 24 mentre, alla Camera, 20. Calcoliamo anche i 4 ora interni al Maie-Psi-Facciamoeco, i 16 dell’’Alternativa’ (tra i quali 2 senatori), ed eco che anche qui abbiamo altre 66 preferenze, che possono fare la differenza.
Anche perché dalla ‘parte opposta’, l’area ‘giallorossa’ può contare su ben 405 o 407 voti (dipende dall’eventuale entrata nei plenum del senatore Porta e di un deputato sempre del Pd al posto dell’uscente Gualtieri). Qui infatti si parte dai 382 parlamentari (381 escluso Fico), ai quali vanno aggiunti dal M5s 74 senatori e 158 deputati (157 senza Fico), poi i 94 deputati ed i 38 senatori Pd, ed infine, i 12 deputati e 6 senatori Leu. Con i 24 delegati regionali ecco che siamo per certi ‘almeno’ a quota 405.
Nella grande ‘conta’, vanno poi annoverati i 10 esponenti delle minoranze linguistiche (4 deputati e 4 senatori, più 2 delegati regionali). Ricordiamo inoltre che a Palazzo Madama anche Pier Ferdinando Casini e Gianclaudio Bressa, fanno parte del Gruppo delle Autonomie.
Ma non solo, all’interno delle varie galassie dei quali si compongono Camera e Senato, non vano certo dimenticate altri 5 per Azione e Più Europa (2 senatori e 3 deputati). Anche qui fra ‘gli sciolti’, Ci sono la senatrice Rosellina Sbrana (ex Lega), il senatore Leonardo Grimani (ex Italia viva), quindi i deputati Fausto Longo (eletto all’estero con il Pd); Alessandro Fusacchia (ex Più Europa); Rossella Muroni e Michela Rostan, (ex Leu). Concludiamo infine questa approfondita ‘conta’, coni i 6 senatori a vita: Renzo Piano e Carlo Rubbia, non iscritti ad alcun Gruppo; quindi Giorgio Napolitano ed Elena Cattaneo (Gruppo delle Autonomie); e Mario Monti e Liliana Segre (Gruppo Misto).
Insomma come abbiamo visto nulla è dato per scontato e, se non fosse per la preziosa ‘autorevolezza’ che Draghi esercita nel mondo, unitamente ad una pratica economica che lo rendono ‘vitale’ per il proseguo del governo in questa delicata fase di transizione (caratterizzata dall’arrivo dei fondi del recovery), anche per ‘questioni anagrafiche’ il suo nome sarebbe a dir poco scontato. Dal canto suo Mattarella ha fatto elegantemente capire che ‘bis? No grazie!’. Dunque, la partita si gioca solamente intorno ad un nome da spendere trasversalmente che, difficilmente potrà essere quello di Berlusconi, così come chi ‘gradito’ alla sola sinistra…
Max