“Vincere lo Strega? Non credo” si schermisce Giulia Caminito “ma in caso contrario, il premio lo dedicherei a Ilaria”. Classe 1988, romana, con il suo ‘L’acqua del lago non è mai dolce’ edito da Bompiani, la scrittrice è tra i cinque finalisti del Premio Strega, il riconoscimento più prestigioso d’Italia, che l’8 luglio prossimo, nella cornice del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, incoronerà il vincitore. Ilaria, invece, era una ragazza di Anguillara Sabazia, cittadina sul lago di Bracciano, dove Giulia è cresciuta e dove ha ambientato il suo terzo romanzo. Per 10 anni Ilaria è stata la migliore amica di Giulia, ispirando i tratti di Iris, uno dei personaggi del libro, che potrebbe diventare presto un film. “Sarebbe bellissimo – spiega Caminito all’Andkronos -. Chissà se ci sarà questa incredibile opportunità, posso solo dire che qualcosa si sta muovendo”.
Iris-Ilaria nel romanzo è la migliore amica di Gaia, la voce narrante e protagonista, che vive un’adolescenza difficile, in perenne conflitto con le aspettative della madre e la società dell’apparenza. “Ilaria è stata molto importante per me – sottolinea la scrittrice -. E’ la prima volta che scrivo di lei, per alcuni è solo un calco della sua persona, però nel romanzo è un personaggio che ha una componente molto luminosa e che riesce a conquistare da subito Gaia, la protagonista. E’ intelligente, una ragazza giusta, un incontro importante che Gaia rovina con le sue gelosie”.
Sono gli anni Duemila, Gaia, nata in un ambiente povero di Roma, si trasferisce con la famiglia ad Anguillara Sabazia, dove anche Caminito è cresciuta. “Sono arrivata in Paese che avevo 4 anni – ricorda – non mi sono mai sentita un’estranea. A 13 anni salivo in bici con le amiche e correvamo in piazzetta, poi con il motorino scorrazzavamo per il paese, ho sempre lavorato al lago ma Anguillara ha due modi di chiamare i suoi cittadini (‘anguillarini’ per gli abitanti originari della zona e ‘anguillaresi’, per chi proviene da fuori, ndr), e questa differenza, che ha i suoi pro e contro, l’ho vissuta sulla mia pelle”.
Come Gaia, anche Giulia si è sentita spesso rivolgere la domanda ‘di chi sei figlia?’ Ma non per questo si è mai sentita un corpo estraneo alla comunità. “Ho sempre avuto la sensazione di esserne parte – sottolinea la scrittrice – ma anche di dover giustificare ogni volta perché ero è lì e perché facevo parte di quel posto”. L’idea di ambientare il romanzo nella cittadina le ronzava in testa da un po’. “Volevo scrivere qualcosa che avesse come sfondo il lago, che avesse a che fare con la mia adolescenza” rimarca Giulia, che fa muovere i personaggi in un posto dove l’acqua del lago, al contrario di quanto si dice e ci si aspetti, è tutt’altro che dolce.
“La definizione dell’acqua del lago non corrisponde a una realtà di fatto – fa notare -. Si dice che l’acqua del lago sia dolce ma non è zuccherina. Volevo parlare di un sapore indescrivibile che può essere a amaro, a volte fangoso, giocare su questa indefinitezza, anche attraverso i discorsi dei protagonisti, che sono alla ricerca della loro identità”. Il lago “sembra tranquillo, malinconico – spiega la scrittrice – ma mi piaceva potesse avere anche una componente esplosiva che riguarda la vita della protagonista e situazioni che si vengono a creare spesso in provincia. Mi sembrava interessante raccontare questa dimensione del Paese. Anguillara è speciale, dei tre Paesi che si affacciano sul lago è la più vicina a Roma ma anche quella che vive di più il lago, una provincia che è anche periferia e ha una sua identità, che è in osmosi con le persone che vivono lì”.
Guai, però, a chiamarlo romanzo di formazione. “L’ho definito romanzo di non formazione o malaformazione – rimarca la scrittrice – perché seguiamo Gaia dall’infanzia all’età adulta ma il Bildungsroman di solito segue un percorso in ascesa del personaggio verso il suo miglioramento. Nel caso di Gaia il miglioramento non c’è”. A colpire sono i personaggi femminili del romanzo, apparentemente fragili ma tutti dotati di grande forza e caparbietà.
“Anche Antonia, la madre di Gaia, è una donna di grande polso, che resiste, si dedica alla sussistenza della famiglia” evidenzia la scrittrice. Sua figlia Gaia, invece, “può sembrare tranquilla e studiosa ma in realtà è un fuoco nascosto. Volevo che fosse il più stratificata possibile, che avesse luci e ombre. Un personaggio che lotta per capire chi è e cosa vuole, con una famiglia diversa dalla mia, una ragazza in gamba e intelligente che però non riesce a comunicare con gli altri al meglio”.
Essere arrivata in finale al Premio Strega è un successo che Giulia ha raggiunto tassello per tassello, inanellando negli anni una serie di premi prestigiosi, come il Berto, il Bagutta (sezione Opera Prima), il Brancati (sezione Giovani), il Fiesole e la finale al Campiello 2021. “Il libro sta avendo molta attenzione, sono felicissima, ho già comprato il vestito per la finale di giovedì” sorride la scrittrice, che nel romanzo è riuscita a dare la voce anche ai Millennials, la generazione Y che fatica a trovare lavoro e sicurezze. “Volevo raccontare alcune difficoltà, frustrazioni e sensazioni rabbiose che ho provato dopo tanti anni di studio e lavoro – conclude – quell’impressione di non accedere mai alla vita adulta, comune a molti ragazzi della mia età. Ma il mio è stato anche un modo di raccontare come spesso durante l’adolescenza roviniamo legami per nostre paranoie e inquietudini”.
(di Federica Mochi)