Una fotografia di per sé già impressionante, quella scatta dallIstat, che a causa del sommerso e delle notevoli realtà economiche che si celano dietro lavori apparentemente regolari (ma in realtà malpagati) potrebbe addirittura assumere una valenza in difetto se improntata sulle condizioni economiche. Anche se, nello specifico, in questo caso la ricerca è improntata su un dato assoluto quale la povertà assoluta – e non in generale. Ci riferiamo alla rilevazione intitolata al disagio economico che attanaglia le famiglie italiane: ebbene, si evince nel 2015 le famiglie residenti in condizione di povertà assoluta siano pari a 1 milione e 582 mila e gli individui a 4 milioni e 598 mila (il numero più alto dal 2005 a oggi). Un dato significativo che non si registrava dal 2005. Entrando nello specifico dellandamento nel corso dellultimo anno, il dato pesa soprattutto allaumento della condizione di povertà assoluta tra le famiglie con 4 componenti (da 6,7 del 2014 a 9,5%), soprattutto coppie con 2 figli (da 5,9 a 8,6%) e tra le famiglie di soli stranieri (da 23,4 a 28,3%), in media più numerose. Lincidenza della povertà assoluta aumenta al Nord sia in termini di famiglie (da 4,2 del 2014 a 5,0%) sia di persone (da 5,7 a 6,7%) soprattutto per lampliarsi del fenomeno tra le famiglie di soli stranieri (da 24,0 a 32,1%). Segnali di peggioramento si registrano anche tra le famiglie che risiedono nei comuni centro di area metropolitana (lincidenza aumenta da 5,3 del 2014 a 7,2%) e tra quelle con persona di riferimento tra i 45 e i 54 anni di età (da 6,0 a 7,5%). Lincidenza di povertà assoluta diminuisce allaumentare delletà della persona di riferimento (il valore minimo, 4,0%, tra le famiglie con persona di riferimento ultra sessantaquattrenne) e del suo titolo di studio (se è almeno diplomata lincidenza è poco più di un terzo di quella rilevata per chi ha al massimo la licenza elementare). Si amplia lincidenza della povertà assoluta tra le famiglie con persona di riferimento occupata (da 5,2 del 2014 a 6,1%), in particolare se operaio (da 9,7 a 11,7%). Rimane contenuta tra le famiglie con persona di riferimento dirigente, quadro e impiegato (1,9%) e ritirata dal lavoro (3,8%). Tornando invece al preambolo in testa, dove ci viene da considerare il dato in difetto, secondo lIstat nel 2015 risulterebbe stabile la povertà relativa in termini di famiglie (2 milioni 678 mila, pari al 10,4% delle famiglie residenti dal 10,3% del 2014), per aumentare invece in termini di persone (8 milioni 307 mila, pari al 13,7% delle persone residenti dal 12,9% del 2014). Ovviamente la povertà relativa è più diffusa tra le famiglie numerose, in particolare tra quelle con 4 componenti (da 14,9 del 2014 a 16,6%,) o 5 e più (da 28,0 a 31,1%). Lincidenza di povertà relativa aumenta tra le famiglie con persona di riferimento operaio (18,1% da 15,5% del 2014) o di età compresa fra i 45 e i 54 anni (11,9% da 10,2% del 2014). Peggiorano anche le condizioni delle famiglie con membri aggregati (23,4% del 2015 da 19,2% del 2014) e di quelle con persona di riferimento in cerca di occupazione (29,0% da 23,9% del 2014), soprattutto nel Mezzogiorno (38,2% da 29,5% del 2014) dove risultano relativamente povere quasi quattro famiglie su dieci. Insomma, dati che mettono davvero paura. E se come si va dicendo da settimane, presto risentiremo anche delle conseguenze del Brexit cè di che preoccuparsi.
M.