“Il dibattito sul Pos, in Italia, risulta surreale se si considera quanto accade in altri Paesi europei e il momento particolarmente favorevole che vivono i grandi gruppi bancari.
E’ chiaro che l’unico modo per affrontare il tema del contante e dell’evasione fiscale in Italia è quello di convincere le banche a rinunciare alle commissioni e alle spese di gestione dei Pos per i piccoli esercenti del terziario, che ogni anno pagano – fonte Confesercenti – una tassa occulta di 752 milioni di euro per le transazioni di piccolo taglio, mentre le banche italiane nell’ultimo anno hanno toccato punte record di redditività senza abbassare i costi per i clienti e usufruendo anche del rialzo dei tassi di interesse su prestiti e mutui a cittadini e imprese”.
Lo dichiara Riccardo Pedrizzi, già presidente della Commissione Finanze e Tesoro del Senato.
“Il governo Meloni – aggiunge Pedrizzi – rivendica la legittima e giusta linea politica sui limiti al Pos e l’incentivazione dei contanti, non lesinando osservazioni sul ruolo di Bankitaia: è chiaro che la posizione del sottosegretario Fazzolari non aveva alcuna finalità di attentare all’autonomia della banca centrale, semmai a rilevare la sua funzione di faro e riferimento etico per tutto il sistema bancario affinché svolga il ruolo sociale di sostegno all’economia del Paese.
Anche sulle commissioni da abolire, è giusto che Bankitalia partecipi, con il governo, e nell’interesse dei cittadini, ad esercitare una forte ‘moral suasion” sugli istituti di credito affinché intervengano eliminando di propria iniziativa i costi almeno per le piccole transazioni che spesso annullano i guadagni per i commercianti, come su bolli, tabacchi, frutta, benzina, giornali, prodotti da bar”.
Dunque, prosegue Pedrizzi, “Se le banche non volessero rispondere alle sollecitazioni, non ci sarebbe altra strada che intervenire fiscalmente sulle banche con criteri di equità e di giustizia. In altri Paesi, molti governi hanno deciso di tassare gli extraprofitti non dei grandi gruppo energetici ma proprio delle banche, per finanziare i sostegni ai cittadini.
Ma l’esempio più illuminante arriva dalla Spagna, dove dal luglio scorso è stata proposta una tassa non sugli utili delle banche ma sui ricavi derivanti da commissioni e spese imposte ai cittadini, peraltro solo agli istituti di credito con un fatturato superiore agli 800 milioni di euro per non penalizzare le piccole banche.
La strada da seguire è questa: convincere le banche a togliere le commissioni che penalizzano e spesso vessano i risparmiatori”.
A tal proposito, l’ex presidente della Commissione Finanze e Tesoro del Senato ricorda che nel 2022 i sei colossi del sistema creditizio italiano quotati in Borsa non hanno subito alcun rallentamento dalla crisi economica generale, anzi, al settembre scorso si parlava di utili intorno a diverse centinaia di milioni di euro netti tra i colossi come Unicredit, San Paolo, Bpm, Bper e le maggiori banche in rete: infatti dal 2007 al 2021 per le banche italiane i ricavi addizionali arrivati dalle commissioni sono saliti di un miliardo di euro tanto da portare l’indice commissionnale al 47% dei ricavi totali contro il 36% di 15 anni prima (fonte Excellent Consulting).
Insomma, riassume Pedrizzi, “Se a questo si aggiungono le tante operazioni di buyback che le banche hanno realizzato nell’ultimo anno e la distribuzione massiccia di dividendi agli azionisti, che la stessa Bce ha consigliato di calmierare e di limitare (Unicredit 1,5 miliardi di euro, Intesa San Poalo 1,6 rispetto agli 885 milioni del 2021), il quadro che ne deriva è quello di un Paese a due velocità, nel quale i piccoli commercianti vengono prosciugati anche nei piccoli incassi mentre le grandi realtà creditizie macinano utili sempre maggiore.
Ed è su questa linea grigia e delicatissima che il governo Meloni dovrebbe operare, in collaborazione con Bankitalia, con scelte politiche in grado di tenere insieme i due settori, consumi e credito”, conclude Pedrizzi.
Max