Secondo l’indagine del canale inglese, il pomodoro proviene dalla regione dello Xinjiang in cui viene impiegata la manodopera forzata di minoranze musulmane come gli Uiguri. Accuse dell’Onu che la Cina ha sempre negato. Ma la Cina produce un terzo di tutto il pomodoro prodotto al mondo e nella regione dello Xinjiang esistono diversi “campi di rieducazione” per i dissidenti appartenenti alla minoranza considerata una minaccia alla sicurezza nazionale dalla Repubblica Popolare Cinese.
Secondo le testimonianze di ex detenuti, raccolte dalla BBC, ogni prigioniero sarebbe costretto a raccogliere almeno 650 chili al giorno di pomodori. La pena per chi non raggiunge la quota giornaliera consisterebbe nell’essere sottoposto a scariche elettriche.
A essere coinvolti sono 17 prodotti, 10 riconducibili al marchio Petti, venduti nelle catene Tesco, Asda e Waitrose spesso con il marchio del supermercato. Secondo la BBC l’italiana Antonio Petti riceverebbe il pomodoro che, dopo avere attraversato il Kazakistan, l’Azerbaijan e la Georgia, arriverebbe in Salento per essere imbottigliato come italiano. Tra il 2020 e il 2023 Petti avrebbe ricevuto 36 milioni di chili di pomodoro cinese.
Secondo le indagini condotte le italiane Mutti e Napolina, invece, impiegherebbero solo pomodoro italiano.
L’Unione europea ha da poco inasprito le norme che regolamentano l’ingresso di cibo potenzialmente proveniente da lavoro forzati, se anteriormente la facoltà di autocertificare era affidata alle aziende, con il nuovo Regolamento europeo i prodotti di merci vietate dovranno essere ritirati e donati o distrutti.
Le catene di supermercati coinvolte hanno finora respinto le accuse.
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