Pubblichiamo di seguito, per intero, la lettera aperta scritta dallavvocato Falco al Sindaco di Pomezia Fabio Fucci. Tema portante di questo testo è il contrasto alla decisione di sciogliere il consorzio universitario di Pomezia:
“AD ABOLENDAM UNIVERSITATEM”
Nel 1184 Papa Lucio III, sostenendo la necessità, per la sopravvivenza della Chiesa, di reprimere i movimenti pauperistico-eremitici, li colpì con la Bolla “Ad abolendam eresiam”. In definitiva si è criminalizzato tali movimenti istituendo addirittura la prima organizzazione dei Tribunali dell’Inquisizione.
A nulla valse un Sinodo, tenutosi in precedenza, per trovare soluzione alle contrapposte soluzioni dottrinali-teologiche.
Fu così che Valdesi, Catari, Arnaldisti, Umiliati, furono oggetto di repressione.
Alla base di tale repressione vi era un diverso modo di intendere la Dottrina cristiana, ma più che questo, vi era la concezione ideologica di allora che il potere, chiunque lo detenesse, sia esso Papa, Re o altro dignitario, coincidesse con la volontà di questo soggetto espressa in modo ieratico e difesa dalla forza militare.
Tale concezione del potere non è purtroppo evaporata nella susseguente evoluzione storica: ci sono nefasti protagonisti dei quali non sono qui a fare i nomi, i quali, ispirati da proponimenti giusti, finirono per essere vittime delle loro ossessioni rivoluzionarie.
I tempi oggi sono mutati ma questo incipit storico era necessario onde, con le dovute e necessarie differenziazioni sia storiche che culturali e di azione politica, poter introdurre al Sindaco di Pomezia alcune domande.
La prima: è giusto ridurre la questione dello scioglimento del Consorzio Universitario ad una Delibera comunale e quindi sopire il dibattito che consegue a tale volontà, ossia quello della perdita del capitale sociale e di immagine culturale della Città, senza far esprimere con un referendum consultivo la Cittadinanza di Pomezia?
Secondo: è giusto non approfittare della vicenda aprendo un dibattito sui temi dei Beni Comuni appartenenti alla popolazione, quindi come proprietà collettiva dei Cittadini?
Terzo: è giusto non iniziare un iter per la modifica per lo Statuto Comunale e cogliere la vicenda dell’Università come un inizio di una grande riflessione culturale e sociale per l’intera Cittadinanza, che strozzata dal patto di stabilità, ritrova il gusto della coniuratio ossia del giuramento sulle regole statutarie che rappresentano l’orgoglio di una coscienza collettiva?
E’ vero il patto di stabilità ci obbliga a fare le spese giuste, a fare la doverosa lotta alla corruzione, le lotte alle più diverse forme di privilegio.
Tutto ciò è giusto prima facie, in quanto il diritto-dovere sancito dalla Legge sul patto di stabilità per gli Amministratori, non può essere interpretato sic et simpliciter per evitare in toto la comprensione e l’analisi sotto vari profili, non ultimo quello economicistico, del problema della chiusura dell’Università.
La discussione sulle cifre, su ciò che è avvenuto e su come è avvenuto non può obnubilare il senso di ferita aperta che molti sentono in questo momento.
In ogni famiglia le spese e le entrate sono oggetto di analisi, le istanze vagliate, i tagli discussi ed approvati in una logica di confronto democratico. Almeno nella mia così funziona.
Davvero, quindi, non si poteva evitare la chiusura?
Davvero un tavolo permanente aperto a soluzioni negoziate era inutile?
Per quanto difficile, aspro ed impegnativo, il dovere oggi di una classe politica amministrativa, in primo luogo, non è quella di dare contenuti partecipativi alla nuova significance della gestione del potere?
O come al tempo delle Signorie tutto era regolato nello Statuto cittadino ma tutto era svuotato nella prassi?
Caro Sindaco, quello che preoccupa è lo sfondo immaginativo del Suo intendere la Democrazia partecipata. Non pretendo che Lei abbia letto e riflettuto sui libri di Rawls o della Nussbaum, che hanno aperto concezioni nuove e diverse nell’opinione pubblica occidentale sul come deve essere gestito il potere democratico.
Ma la lettura, lo studio, e la messa in pratica dello Statuto comunale, questo come Cittadino, credo di avere il diritto di pretenderlo.
La riflessione di Bobbio, di Rodotà, di Zagrebelsky potrebbe ispirarla con profitto.
Quello che sento di dirLe è che occorre evitare una contrapposizione ideologica nell’assetto sociale della Città di Pomezia.
Non c’è tutto il bene da una parte ed il male dall’altra. Nessuno è investito di tale compito epocale.
Credo invece che c’è un lavoro di ricomposizione sul terreno del pluralismo democratico che L’attende, forse più impegnativo del governo in sè ma imprescindibile ed ineludibile.
Non rischi di confondere i partiti con gli elettori e nè gli elettori come vassalli dei partiti.
Guardi alle coscienze ed al lavoro istituzionale.
Abbiamo urgente bisogno di partecipazione e di riflessione pubblica e non di dictatus papae.
La storia non è una botola dove calare tutto ciò che non è, o non è stato, in linea con il suo mainstream.
Il passato va osservato, studiato e compreso in un contraddittorio democratico, soprattutto per non ripercorrere gli stessi errori. Avv. Francesco Falco