PIÙ UNIONE IN EUROPA – di Edoardo Pavino

In occasione dell’incontro con il presidente federale della Repubblica d’Austria, Heinz Fischer, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha denunciato fortemente i movimenti antieuropei e nazionalisti come pericolosi per un’Europa vincente. Secondo il capo dello Stato “l’impegno congiunto di Italia e Austria dev’essere dunque rivolto a denunciare con la massima forza di convinzione il carattere puramente distruttivo dei movimenti antieuropei e il fuorviante irrealismo e anacronismo delle pulsioni nazionalistiche che si contrappongono alla strategia di una sempre più coerente ed efficace integrazione europea, come unica strategia vincente in un mondo globalizzato e radicalmente cambiato”. Se si pensa ai risultati convenuti dall’Europa da quando, a far parte dell’Unione, si è passati da sei a ventisette paesi però qualche dubbio sorge. Negli anni cinquanta l’Europa iniziò con una crescita economica del quattro percento per poi scendere nel corso degli anni fino a zero. La moneta unica non ha sortito i risultati sperati e ha spinto nel baratro della crisi alcune economie. Ciò si sarebbe potuto evitare forse se si fosse arrivati a un meccanismo solidale di distribuzione dei debiti a livello europeo attraverso la creazione di obbligazioni del debito pubblico dei Paesi facenti parte dell’eurozona. Ci sono ancora ventitré lingue diverse. Il peso della salvaguardia dell’immigrazione clandestina all’interno dell’Unione è sostenuto in gran misura soprattutto dai paesi interessati dal fenomeno e cioè gli stati del sud. Nel novantuno si credeva che un’Europa unita avrebbe risolto la guerra in Bosnia, ma fu risolta dagli Stati Uniti e il merito della pace che regna dalla fine dell’ultimo conflitto mondiale nel continente è da attribuire alla NATO, poiché la creazione dell’Unione Europea non aveva niente a che vedere con le guerre e la pace, nel qual caso si sarebbe istituito un esercito comune europeo a difesa della Comunità, ma a esso si oppose l’Assemblea nazionale francese nel 1954. Politiche ambientali, legate alla vegetazione di paesi nordici con climi molto freddi, estese a paesi mediterranei con climi completamente diversi danneggiando varie piante e compromettendo aree naturali protette. Tutto ciò non deve essere usato da movimenti antieuropeisti contro un’Europa unita in cui tutte le democrazie che ne fanno parte trovano il loro spazio, ma nemmeno è legittimo ignorare cosi tanti insuccessi da parte di taluni rappresentanti politici che hanno nei paesi di appartenenza esempi sommari di questi aspetti. È dunque auspicabile che si cambi passo in un’ottica davvero unitaria e di condivisione che prescinda dall’interesse di alcuni paesi o alcune fazioni e che dunque si cominci a pensare alla creazione di uno spirito davvero unitario, governato da moderazione e buon senso, col fine del benessere di tutti i cittadini.