Quello che sembrava un provvedimento condiviso da gran parte delle forze politiche in Piemonte, subisce una brusca retromarcia: il Movimento 5 Stelle ha infatti stoppato la gig economy, meglio nota come legge per i diritti dei rider. Presentato da Liberi e Uguali, il provvedimento sembrava essere ad un passo dallapprovazione da parte di tutte le forze politiche di Palazzo Lascaris, eppure il capogruppo pentastellato Davide Bono ha posto il veto e chiesto di rimandare in commissione la proposta di legge. Una retromarcia che blocca dunque i buoni propositi dei Leu, ma che impedisce inoltre al provvedimento di giungere al parlamento nazionale, scatenando di conseguenza aspre polemiche.?”Il voltafaccia del consigliere Bono è uno schiaffo a tutti i fattorini e a tutte le organizzazioni che, proprio dal Piemonte, avevano ingaggiato una sfida che parlava a tutto il Paese – attacca il capogruppo di Leu e primo firmatario del provvedimento Marco Grimaldi – Oggi pomeriggio il Consiglio Regionale avrebbe dovuto approvare la proposta di legge al Parlamento che sancisce il divieto delluso del cottimo, il primo provvedimento a intervenire su questa materia, per altro scomparsa dallultima versione del Decreto Dignità e invece Bono ci ha informati che, dopo aver consultato il vicepremier Luigi Di Maio, il Movimento ritiene più opportuno che ciascuna forza politica si muova autonomamente e ha aggiunto che, a suo parere, le proposte delle Regioni al Parlamento valgono “come la carta da c…””. Così riferisce Grimaldi in una nota difendendo il suo provvedimento e liter che era stato condiviso per approvarlo in tempi rapidi e senza impegnare sedute plenarie di Consiglio. Secca la replica dei 5 stelle che bollano come “ennesimo spot” il provvedimento proposto da Leu. “Il tema è di chiara competenza nazionale e il Parlamento e lesecutivo stanno predisponendo le prime misure – spiegano i pentastellati – Sarebbe inutile perdere tempo con iniziative di questo tipo dal chiaro sapore pre elettorale. Le proposte di legge al Parlamento sono infatti strumenti sostanzialmente poco efficaci, soprattutto quando le forze politiche che lo propongono a livello regionale sono, allo stesso tempo, rappresentate a livello nazionale”. La legge in discussione prevedeva lestensione ai fattorini e ai lavoratori delle piattaforme tecnologiche di una serie di diritti come condizioni contrattuali formulate per iscritto, spese commisurate allutilizzo dei propri mezzi, tutele assicurative e previdenziali e specifici corsi di formazione. Era poi previsto un contratto collettivo nazionale per lentità e le modalità di determinazione del compenso minimo orario.