ESTERI

Piazza Tienanmen, l’anniversario delle proteste

Oggi ricorre il trentunesimo anniversario di piazza Tienanmen. Il 4 giugno del 1989 a piazza Tienanmen di Pechino, in Cina, studenti universitari, operai e intellettuali scendevano in piazza per chiedere più libertà e più democrazia. Nella primavera dell’89, sulla scia dell’eco dei processi riformatori in Unione Sovietica ed in Europa, anche in Cina si generò un nuovo fenomeno di contestazione. Migliaia di cinesi diedero vita a una serie di grandi manifestazioni pacifiche contro il mantenimento della struttura autoritaria del potere.

Ma, dopo un primo momento di dialogo tra istituzioni e manifestanti, il gruppo dirigente del partito comunista cinese, capeggiato dal primo ministro Li Peng e dal leader Deng Xiaoping, decise di intervenire brutalmente per evitare l’estendersi delle proteste in altre città della Cina.

Il 4 giugno la manifestazione di piazza Tienanmen fu repressa dall’intervento dell’esercito e si concluse con un vero e proprio massacro. È passata alla storia la foto del ‘Rivoltoso sconosciuto’: un uomo cinese in piedi, da solo e disarmato, a piazza Tienanmen di fronte ai carri armati.

Un triste evento della storia che mise in luce la brutalità della dittatura in Cina, dove ancora oggi parlare della strage di piazza Tienanmen è considerato un tabù. Dopo la repressione di piazza Tienanmen, che suscitò nel mondo occidentale reazioni di sdegno, i rapporti commerciali con i paesi europei e con gli Stati Uniti si raffreddarono, per poi successivamente essere ristabiliti anche a causa della vera e propria esplosione dell’economia cinese negli anni Novanta.

In questo modo il regime autoritario cinese fu in grado di sopravvivere, dando vita a un esperimento mai visto prima: un sistema di economia di mercato e liberalizzazione economica tra i confini di un paese dittatoriale comunista, in cui il partito detiene ancora oggi il monopolio della politica.

Ancora oggi però, a 31 anni di distanza dalle repressioni di piazza Tienanmen e dalle epurazioni del partito comunista, non si conosce il numero di morti e non è concesso un dialogo sull’accaduto.

Mario Bonito