(Adnkronos) – “Sono favorevole alla separazione delle carriere dei magistrati, purché realizzata a certe condizioni. Anzi se a tale questione ci si approcciasse con un atteggiamento più laico e sereno si potrebbe guardare alla riforma sulla separazione come a una grande opportunità per migliorare il sistema giustizia, a beneficio dei cittadini, ma anche degli stessi magistrati perché potrebbe comportare un miglioramento in efficienza e specializzazione di giudici e pubblici ministeri, una maggiore coerenza con la riforma del 1988, una valenza simbolica in favore dell’immagine di terzietà del giudice rispetto al pubblico ministero”. A dirlo, in un intervento sul quotidiano ‘Il Dubbio’ è il sostituto procuratore generale di Caltanissetta Gaetano Bono.
“Così facendo l’ANM avrebbe la possibilità di dare il proprio contributo di tipo tecnico-giuridico in ordine alla salvaguardia di quelle garanzie che servono a preservare l’equilibrio tra i poteri dello Stato, l’indipendenza della magistratura e, in definitiva, la libertà dei cittadini – dice -Invece l’ANM continua a dirsi unanimemente contraria, rifiutando ogni alternativa al mantenimento dello status quo e assumendo toni apocalittici del tipo “dopo la separazione, il diluvio”, come ha fatto di recente il presidente Santalucia che ha addirittura prospettato un pericolo per la democrazia, come se l’Italia fosse l’unico Paese al mondo in cui occorrerebbe tenere unite le carriere tra giudici e pubblici ministeri per garantire l’assetto democratico”.
E ancora: “Comprendo le critiche mosse dall’ANM e ritengo fondati i pericoli sul versante del ridimensionamento delle garanzie costituzionali attualmente in vigore. Ciò che io contesto è l’imposizione di tabù e dogmatismi. Sostengo che non c’è alcun automatismo tra separazione delle carriere dei magistrati e assoggettamento al potere politico, poiché tutto dipende da come la riforma verrà realizzata. Non si può sostenere, come fa l’ANM, che qualsivoglia ipotesi di separazione porterà inevitabilmente il P.M. ad assoggettarsi all’Esecutivo”.
“E ritengo che sia ben possibile prevedere una separazione delle carriere coerente con l’assetto costituzionale”, spiega ancora Bono. “Il discorso è complesso e mi limito a indicare alcuni requisiti irrinunciabili che il pubblico ministero dovrebbe continuare ad avere come l’indipendenza dall’Esecutivo, l’obbligatorietà dell’azione penale, la terzietà e imparzialità rispetto alla polizia giudiziaria, la cultura della giurisdizione, l’inamovibilità, il governo autonomo (magari istituendo due C.S.M. l’uno per i giudici e l’altro per i P.M.), la distinzione tra magistrati solo per diversità di funzioni, ossia che lasci integralmente intatte tutte le garanzie attualmente in vigore che sono – e devono restare – baluardo irrinunciabile per la libertà e i diritti del cittadino”.
“Se non fossero rispettate tali condizioni, allora meglio rinunciare alla separazione e tenersi il sistema attuale, perché diventerebbe inevitabile la sottoposizione del P.M. all’influenza del potere politico, con tutti i rischi che ne deriverebbero per la tenuta dell’assetto democratico e per la stessa pace sociale”, conclude Bono.