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Peste suina a Roma, quali le soluzioni?

Pulire le strade, abbattere i capi entrati a contatto con la zona rossa dell’Insugherata, recintare i parchi e monitorare gli allevamenti dei suini per cercare di frenare la proliferazione della peste suina africana. E’ questo il mix degli interventi che si studiano per contenere l’avanzata della peste suina a Roma.

Di certo risalire al contagio è quasi impossibile ma stando agli esperti ci sono forti probabilità per ritenere che i cinghiali, risultati positivi al virus della peste suina africana, si siano contagiati mangiando gli scarti e i rifiuti ai bordi di alcuni cassonetti della Capitale.
Lo si evince dal modo in cui si diffonde il virus che ad oggi ha costretto la Regione a bollare come “area rossa” la zona del parco dell’Insugherata.

La peste suina una volta contratta dall’animale – cinghiale o maiale che sia – lo uccide ma resta “viva” nella sua carne «in quella congelata o refrigerata – spiega Vittorio Guberti, veterinario dell’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale – per mesi e nella carne a temperatura ambiente per settimane». Pure in quella che viene lavorata senza sapere che l’animale morte sia stato contagiato.