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Peste suina a Roma, gli esperti: contagio da rifiuti

Due nuovi casi sospetti di peste suina a Roma. Tra caos e timori, per gli esperti l’unica “ipotesi epidemiologica” che spieghi l’aumento dei casi di infezione tra i cinghiali è che gli animali si siano contagiati cibandosi di scarti di carne infetta e abbandonata tra i rifiuti dalle persone che, pur consumandola, restano immuni al virus.

Esclusa la pista del contagio tramite migrazione, resta alto l’allarme di una possibile estensione dei contagi: si lavora, dunque, per evitare che il focolaio esca da Roma, raggiungendo ad esempio il viterbese o l’area di Bolsena, dove vi sono diversi molti allevamenti di suini: dove c’è peste, i costi di produzione del maiale impennano, e i riflessi finanziari sarebbero drammatici per l’economia del settore.

La trasmissione tra animali infatti è altissima: bastano residui contaminati, è la proliferazione è immediata. L’unica misura è il blocco dei contagi. Da un piano pulizia delle strade e una racconta capillare dei rifiuti dai bordi dei cassonetti al contenimento dei cinghiali tramite recinzioni, all’analisi degli allevamenti dei suini risalendo alla filiera dei contatti fino alla scelta estrema dell’abbattimento selettivo dei capi entrati in contatto con la zona rossa dell’Insugherata.

Diverse sono le strategie. A stabilire le misure da adottare, la regione Lazio con un’ordinanza firmata dal Nicola Zingaretti. Il provvedimento è finalizzato proprio a determinare “le prime misure di regolamentazione per il contenimento della peste suina africana nel territorio del Lazio”. L’abbattimento dei cinghiali ha trovato la protesta degli animalisti, che chiedono di puntare perlopiù sull’installazione di recinzioni attorno all’area infetta”.