Drammatico omicidio-suicidio nel pomeriggio a Pescara, dove un padre e la figlia di 5 anni sono morti carbonizzati all’interno di un’auto per un incendio appiccato intenzionalmente dallo stesso genitore. La tragedia è avvenuta in via Lago di Chiusi, nel quartiere popolare di Rancitelli. Oltre ai vigili del fuoco, sono intervenuti sul posto il pm Andrea Papalia e agenti della squadra mobile di Pescara e della squadra volante della questura, dirette rispettivamente da Pierfrancesco Muriana e Alessandro Di Blasio.I vigili sono stati a lungo al lavoro per estrarre dalla Peugeot i corpi carbonizzati dell’uomo, Gianfranco Di Zio, e della figlia Neyda, lui di 48 anni e lei di cinque. La polizia ha accertato che anche la madre della piccola, Ena Pietrangelo di 44 anni, era dentro l’auto quando il marito ha messo in atto il suo proposito, ma è riuscita a scendere mentre divampavano le fiamme. Secondo quanto riferito dal questore di Pescara, Paolo Passamonti, i due coniugi, da tempo separati, si erano dati appuntamento nel pomeriggio in via Lago di Chiusi, probabilmente perché la donna doveva riprendere la bambina dopo la domenica trascorsa con l’altro genitore. Invece, mentre tutti e tre si trovavano nell’auto, l’uomo si è gettato addosso della benzina e si è dato fuoco. L’incendio è divampato attaccando subito anche l’abitacolo. La mamma ha cercato invano di strappare la figlia al padre che però l’ha tenuta stretta a sè mentre le fiamme avvolgevano completamente entrambi. La donna, soccorsa poco dopo, è stata prima sedata e ricoverata all’ospedale Spirito Santo. Più tardi, per le sue condizioni – ha ustioni di primo e secondo grado sul 40% del corpo e del terzo grado sul 5% – ne è stato richiesto il trasferimento al Centro grandi ustionati del Sant’Eugenio di Roma. Sul posto, davanti all’auto bruciata, sono rimasti gli abiti che si era tolta di dosso perché in fiamme. La Pietrangelo ha avuto un precedente matrimonio da cui sono nate 3 figlie. Poi nel 2008 si è separata e nel 2009, dall’unione con Di Zio, è nata Neyda, la bimba che oggi è morta tra le braccia del padre. In base alla ricostruzione della squadra mobile l’uomo, dopo la nascita della bimba, sarebbe diventato particolarmente violento e possessivo nei miei confronti della piccola al punto che non voleva che la bambina vivesse in casa con le sue sorellastre, rendendo così impossibile la convivenza. La donna ha denunciato ad aprile dello scorso anno il suo compagno ai carabinieri di Cepagatti, il paese in provincia di Pescara dove risiede con le altre figlie, e nel mese di maggio nei suoi confronti è stato disposto l’allontanamento dalla casa familiare, che si trova in via Valignani a Cepagatti, e poi ad ottobre c’è stata la condanna ad un anno. A quel punto il Tribunale dei Minori ha disposto che l’uomo vedesse la bambina solo alla presenza degli operatori sociali del Comune una volta a settimana per un’ora, come effettivamente è stato.