Le nuove linee guida per il rientro a scuola a partire dal 7 gennaio sono state stabilite dalla Prefettura al termine di una serie di incontri tra enti locali e ministeri competenti che si sono svolti in videoconferenza durante il mese di dicembre. E non convincono affatto i rappresentanti dei lavoratori. Dal tavolo tecnico “è stato stato escluso tutto il mondo della scuola e le sue rappresentanze istituzionali e sindacali” tuonano in una nota congiunta le segreterie di Roma e Lazio Comparto Scuola e Area V, Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals Confsal, Fgu, Gilda, Unams. “Le soluzioni imposte dagli stessi tavoli non potranno non determinare tanti problemi alle scuole”. Ecco i principali punti contestati.
Si parte dai doppi turni. L’ingresso scaglionato in due fasce orarie, alle 8 e alle 10, con conseguente allungamento dell’orario di uscita nel pomeriggio, comporterebbe per i sindacati una serie di importanti intoppi sia ai docenti che gli studenti. “Lo sfasamento degli orari d’ingresso determina forti problemi di coordinamento tra le istituzioni scolastiche, presso le quali operano, in via ordinaria, numerosi docenti assegnati alle cosiddette ‘cattedre orario esterne’, il cui orario si distribuisce tra due o anche tre scuole”.
E ancora: “Negli istituti tecnici e professionali, nei quali si registra un orario delle lezioni particolarmente lungo, l’ingresso alle ore 10 dilata oltre misura gli impegni scolastici degli studenti, ai quali vanno aggiunti i tempi di spostamento per raggiungere le scuole, distribuite sul territorio in modo molto meno capillare di quanto accada per il primo ciclo di istruzione. Non sarà infrequente il caso di giornate scolastiche che, a causa degli spostamenti necessari, termineranno attorno alle ore 18, orario nel quale gli studenti dovrebbero iniziare, secondo questo schema, lo studio casalingo. L’eccessivo ritardo della conclusione delle attività scolastiche potrebbe, quindi, determinare un ulteriore grave deterioramento dei processi di apprendimento, con particolare riferimento agli studenti in condizione di maggiore fragilità e con bisogni educativi speciali”.
E poi: “Negli altri ordini di scuola (licei) in cui il minor carico orario è compensato dalla necessità di uno studio teorico più intenso, si determineranno, mutatis mutandis, analoghi problemi di degli studenti, oltre che la rinuncia, per gli studenti dei licei come per quelli di tecnici e professionali, di ogni possibile ipotesi di attività formative non scolastiche”.
Gli studenti poi non avranno possibilità di pasti regolari durante la settimana, “poiché le scuole superiori non dispongono di mense, a differenza del primo ciclo”. E “non sarà possibile alcuna attività di recupero (pur previste dagli ordinamenti scolastici) e, a maggior ragione, di potenziamento e ampliamento dell’attività formativa”.
I disagi per il personale Ata
Il prolungamento dell’orario delle attività didattiche pomeridiane determinerà una totale riorganizzazione dell’orario dei docenti e la turnazione del personale ATA che, a parità di organico, dovrebbe garantire tempi più lunghi di sorveglianza sugli studenti e ulteriori azioni di igienizzazione degli spazi. Sul punto i sindacati parlando di “compromissione della qualità della vita personale e familiare di tutti protagonisti del processo educativo, in particolare dei giovani, in un momento in cui la sfera psicologica è già messa a dura prova dalla riduzione di tutte le attività formative extrascolastiche”.