“Mario Draghi, il suo governo e la sua maggioranza sembrano aver archiviato, almeno temporaneamente, la parola pensioni. Per adesso l’obiettivo prioritario è quello di vaccinare i pensionati, poi si vedrà. Ma si tratta di una tregua armata, perché nell’attuale legislatura si sono liberati troppi avvoltoi in attesa del fatidico ‘superamento definitivo della riforma Fornero'”. Lo dice ad Adnkronos/Labitalia Giuliano Cazzola, giuslavorista ed esperto di materia previdenziale. “Prima o poi, l’argomento tornerà all’ordine del giorno anche in vista dello scadere a fine anno di quota 100 (di cui sembra condiviso il mancato rinnovo)”, ricorda Cazzola. “Col precedente governo erano circolate delle proposte, non solo di parte sindacale ma anche all’interno di tutti i partiti, tutte più o meno rivolte a superare all’indietro (a prima del 2011) la riforma Fornero. Draghi sa benissimo che quelle proposte sono insostenibili e che l’Unione raccomanda il ritorno alle regole introdotte nel 2011”, aggiunge Cazzola.
“Meglio lasciare che le cose si sistemino da sé”
“Più ci penso e più mi convinco che sia opportuno lasciare che le cose si sistemino da sé” dice ancora Giuliano Cazzola. “Mi spiego: alla fine dell’anno viene a scadere Quota 100 (salvo la possibilità di avvalersi del diritto anche successivamente per chi lo matura entro quella data). Non c’è un salto nel buio”, avverte Cazzola. “Rimarrebbero infatti due possibilità di andare in quiescenza per tutti quelli che sono nel sistema misto: la vecchiaia (67 anni e 20 di contributi); la vecchiaia anticipata (42 anni e 10 mesi e un anno in meno per le donne) almeno fino a tutto il 2026. Resterebbe appeso fino ad allora il ‘che fare’ dell’adeguamento automatico all’attesa di vita. Ma ci sarebbe il tempo per pensarci visti anche gli effetti della pandemia sui tassi di mortalità”, riflette Cazzola.
Al posto di Quota 100 c’è Ape sociale
“Ma a questo punto – dicono – si determinerebbe uno scalone ovvero per quanti non fossero in grado di andare in quiescenza anticipata ordinaria a prescindere dell’età anagrafica resterebbe solo l’alternativa del trattamento di vecchiaia a 67 anni. Si dimentica a bella posta che uno spazio equipollente a Quota 100 potrebbe essere coperto, per molti casi di bisogno effettivo, dall’Ape sociale, una prestazione-ponte che richiede 63 anni di età e, a seconda delle condizioni protette, 30 o 36 anni di contributi. E che consentirebbe di anticipare l’uscita dal lavoro fino a 43 mesi prima della maturazione del diritto alla pensione. Chissà se questo sia anche il pensiero di Draghi?”, conclude Cazzola.