In questi giorni si sta parlando moltissimo di pensioni, e molti italiani sono interessati, direttamente o indirettamente, a tutti i percorsi, iter e procedure che conducono per esempio alle cosiddette pensioni di vecchiaia, o alle pensioni di invalidità, così come del resto è sempre molto alto l’interesse per le pensioni di cittadinanza, che come una costola si collega direttamente al famigerato reddito di cittadinanza.
Tuttavia, si addensano nubi non proprio ottimali intorno al futuro delle pensioni italiane: infatti, a quanto pare, starebbe per aumentare l’età anagrafica, e per diminuire l’ammontare degli assegni. Ovvero? In che senso? Cosa sta succedendo? Di cosa stiamo parlando esattamente?
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Pensioni: caos su aumento età anagrafica e diminuzioni assegni
Potrebbero non esserci notizie felicissime per tutti quelli che stanno pensando di andare in pensione nei prossimi anni. Si addensano nubi intorno alle pensioni con l’ipotesi dell’aumento dell’età anagrafica e la diminuzione degli assegni.
Tra voci, indiscrezioni e ipotesi, si prospetta come nei prossimi anni i lavoratori italiani andranno in pensione sempre più tardi (già dal 2023 ci sarà un salto in avanti per l’età pensionabile) e con un assegno che sarà sempre più basso (a quanto emergerebbe, fin dal prossimo anno).
aggiornamento ore 1.13
In parte la ragione sarebbe legata al COVID-19 e alla crisi dell’economia, ma non solo.
L’emergenza epidemiologica da COVID–19, secondo alcune interpretazioni sembrerebbe accrescere problematiche che hanno radici nel passato, secondo alcune interpretazioni politiche legate alla riforma Dini che ha connesso la rivalutazione annuale dei contributi maturati dai lavoratori all’andamento del PIL.
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Come accennato dal Ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, l’emergenza da COVID-19 avrà un impatto importante sul PIL italiano. Si ipotizza un -8%, un dato che dunque secondo le interpretazioni di cui sopra potrebbe generare delle conseguenze sugli assegni dei futuri pensionati.
La ragione risiederebbe nel fatto che la riforma Dini avrebbe previsto che i contributi versati dai lavoratori che rientrano nel regime contributivo vengano rivalutati annualmente moltiplicando il montante per il tasso di capitalizzazione, vale a dire il coefficiente che si calcola tenendo riferimento alla media del PIL degli ultimi cinque anni.
Visto il calo del PIL che viene preannunciato in questo 2020 le conseguenze per le pensioni non sembrano rosee.
aggiornamento ore 7.00
In questi giorni, sono stati ufficializzati i nuovi coefficienti di trasformazione delle pensioni, i quali sono più bassi rispetto al passato: questo implica che chi andrà in pensione nel 2021 avrà un assegno più basso in media in relazione a chi ci è andato l’anno prima.
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E anche in merito all’età, andare in pensione non sembra essere un percorso in discesa. Per il biennio 2021/2022 non è stata accertata variazione delle speranze di vita e per questo motivo non ci sarà un aumento dell’età pensionabile.
Malgrado questo, il meccanismo che adegua la data del pensionamento all’incremento delle aspettative di vita riparte dal 2023: e in quel contesto – se confermate le indiscrezioni – una variazione al rialzo delle speranze di vita ci dovrebbe essere e per questo motivo si potrebbe andare in pensione sempre più tardi.
aggiornamento ore 10,32