Lennesima analisi Istat dedicata ai pensionati, spiega intanto che rispetto al 2013, nel 2014 sono scesi a 16,3 milioni, che gli assegni sarebbero leggermente maggiori e, ovviamente, che ancora oggi rappresentano lunica fonte di sostentamento per moltissime famiglie. A tal proposito basta ricordare che, le famiglie in cui sono presenti pensionati sono ben 12 milioni 400 mila e, oltretutto, per quasi i due terzi di queste (63,2%) i trasferimenti pensionistici rappresentano oltre il 75% del reddito familiare disponibile. Addiritturaper un quarto di queste famiglie, ovvero il 26,5%, sono lunica fonte di reddito.La stima del reddito netto medio di tali famiglie è di 28 mila 480 euro, circa 2 mila euro inferiore a quello delle famiglie senza pensionati (pari a 30.400 euro). E per una media di circa 17 mila 040 euro di reddito pensionistico (+400 euro circa sullanno precedente), le donne rappresentano il 52,9%, ma percepiscono circa 6 mila euro inferiori a quelli maschili. L’Istat spiega inoltre che il cumulo di più trattamenti pensionistici sullo stesso beneficiario è meno frequente tra i pensionati di vecchiaia (il 27,1% di essi cumula infatti più trattamenti), mentre è molto più diffuso tra i pensionati superstiti (67,6%), in grande maggioranza donne (87%). Nel 2013 le ritenute fiscali incidevano in media per il 17,7% risultato di una aliquota al 20,6% per i pensionati di vecchiaia e anzianità che però scende al 15,3% per quelli di reversibilità e non supera il 9,6% per i beneficiari di trattamenti dinvalidità ordinaria o indennitari. L’Istat segnala come il reddito medio pensionistico netto è stimato 13 mila 647 euro (circa 1.140 euro mensili); tenendo conto di tutti i trattamenti, la metà dei pensionati percepisce meno di 12 mila 532 euro (1.045 euro mensili). Pesa anche il titolo di studio sugli importi percepiti: i laureati godono di un assegno che è il doppio rispetto a quelli con la licenza elementare, o senza titoli di studio. Come dicevamo prima, nel 2013 le pensioni di vecchiaia e anzianità rappresentavano la fonte principale di reddito (in media il 64% del loro reddito complessivo), seguite dai redditi da lavoro (16%); tra le pensionate, invece, l’Istat sottolinea come sul fronte dei redditi sia decisamente importante lapporto delle pensioni di reversibilità (27,6%) e quello delle assistenziali è più elevato rispetto agli uomini (9,5%). Tra i residenti nel Mezzogiorno è superiore alla media il contributo delle pensioni di reversibilità (14,1% contro 12,1% del Nord), dinvalidità (6,6% contro 2,5%) e delle assistenziali (13,4% contro 4,1%); più raro è invece il cumulo di redditi da lavoro con redditi pensionistici: tale combinazione rappresenta circa il 9,7% del reddito complessivo, contro il 13% del Centro e il 14,6% del Nord. Il rischio di povertà tra le famiglie con pensionati, nel 2013, è stato più basso di quello delle altre famiglie (16% contro 22,1%),a indicare come, in molti casi, il reddito pensionistico possa mettere al riparo da situazioni di forte disagio economico. Comunque il rischio di povertà è elevato tra i pensionati che vivono soli (22,3%) o con i figli come genitori soli (17,2%). La situazione è più grave quando con il proprio reddito pensionistico il pensionato deve sostenere anche il peso di altri componenti adulti che non percepiscono redditi da lavoro: l’Istat stima che circa un terzo di tali famiglie (31,3%) è a rischio di povertà. Un quadro davvero sconcertante
M.