“Ho la psoriasi da quando avevo 11 anni. Oggi mi avvio verso i 73 anni d’età. Ho passato fasi in cui di cure ce n’erano pochissime, solo qualche crema. Questa non è una bella malattia per chi la porta. E’ una malattia che si vede, interferisce con la vita. Il paziente va aiutato a stanarsi, a trovare il coraggio, perché molte vole neanche ne parla della sua malattia. Si parte spesso dal presupposto che curare è un costo e non è un investimento, quando invece è senz’altro un investimento. Chiediamo accesso equo alle terapie innovative, che ci sia un supporto per i medici di famiglia in modo che tutti siano guidati verso cure personalizzate, su misura per la loro situazione, orientate al miglior risultato”. A dar voce alle aspirazioni dei malati è Valeria Corazza, presidente dell’Associazione psoriasici italiani Apiafco, oggi in occasione dell’incontro stampa organizzato da Ucb Pharma, ‘Facciamo luce sulla psoriasi’.
“E’ una malattia – conferma Giovanna Malara, direttore dell’Unità operativa complessa di dermatologia all’ospedale metropolitano Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria – che ha impatto su molti aspetti della vita quotidiana dei pazienti, crea problemi sociali e psicologici molto importanti, genera da depressione a rabbia. E quando le placche sono in zone visibili porta alla stigmatizzazione del malato, c’è chi arriva a pensare addirittura che sia infettivo, ancora nel 2021. Una psoriasi complicata può interferire negativamente sulla qualità di vita dei pazienti al pari di un paziente che ha un carcinoma gastrico”.
“Parliamo – prosegue la specialista – di bisogni insoddisfatti. Abbiamo oggi un ampio armamentario di farmaci”, dai trattamenti topici a quelli sistemici orali tradizionali, dalle terapie biologiche alla fototerapia con raggi ultravioletti, “e nuove terapie innovative in arrivo, eppure ancora ci sono molti pazienti non trattati”. Si stima che meno del 50% raggiunga l’obiettivo di trattamento di una pelle completamente pulita (Pasi 100, secondo l’indice utilizzato dagli specialisti, equivalente a una remissione completa dei sintomi).
I pazienti oggi chiedono velocità di risposta e una lunga durata della vita libera da malattia. A che punto sono le terapie? Adesso, spiegano gli esperti, si è capito molto di più sul meccanismo d’azione della malattia e sulle dinamiche che portano alla sua amplificazione e cronicizzazione. “Sappiamo che bloccando alcune molecole si possono ottenere effetti su quella cascata che caratterizza la malattia – spiega Stefano Piaserico, responsabile Uoc di Dermatologia, Dipartimento di medicina Dimed dell’università di Padova – Bloccando per esempio l’interleuchina IL17A si ottiene un blocco rapido. Bloccando sia la IL17A che la IL17F, e ci sono terapie in arrivo che puntano a questo, si ha una rapidità ancora maggiore. Bloccando entrambe, si blocca anche l’interleuchina 23 che sta a monte, aspetto con cui si ottiene un effetto molto persistente nel tempo”.
Come si sceglie la cura giusta per ciascun paziente? “Non possiamo limitarci ad un farmaco o a una classe di farmaci – dice Piaserico – bisogna guardare alle esigenze e alle caratteristiche dei pazienti. Ma è fondamentale che il clinico abbia a disposizione tutte le armi terapeutiche che ci sono sul mercato. Bisogna ascoltare senz’altro il farmacoeconomista, ma di fronte a un paziente è importante adottare la terapia migliore per lui”.