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Pecorino romano anche con latte ‘straniero’? Allarme nella Tuscia

Pecorino romano con latte di pecore francesi? Le nuove possibili regole spaventano addetti ai lavori come ad esempio i circa 1.500 allevatori del territorio della Tuscia.

L’apertura alle razze di ovini non autoctoni da parte del Consorzio di tutela delle produzioni DOP di Sardegna, Lazio Grosseto preoccupa un intero settore. Si sta pensando infatti all’ammissione nel ciclo produttivo del pecorino romano, esportato in tutto il mondo prodotto made in Italy per eccellenza, anche di latte di pecore francesi, israeliane e meticce.

Gli allevatori e le associazioni di categoria sono pronti a opporsi, come chiarito dal presidente della Coldiretti di Viterbo Mauro Pacifici, per cui si rischia di snaturare la Dop che, sostiene, “non è solo una questione di forma ma anche di sostanza”: il valore aggiunto che pecore da pascolo e non da stalla come le francesi, è nel legame che gli ovini hanno con il territorio da pascolo stesso, “grazie al quale emerge una varietà di sapori e odori che, dichiara, “con questa modifica, andrebbe persa a favore di un’omologazione del prodotto.”

Ma perchè questa modifica? Maggiore resa degli allevamenti intensivi a stabulazione fissa, minor numero di pecore necessarie, un duro colpo per la Tuscia laddove, delle 650 mila pecore totali della Regione, ce ne sono ben 300 mila. Un rischio per i numerosi caseifici e allevatori il cui ruolo è cruciale in un giro d’affari produttivo di circa 210 milioni di euro.