Il flop nell’affluenza alle primarie del Partito democratico, sperimentato come prima città italiana a Torino, “è dovuto ad un insieme di fattori. Ma per trarre bilanci bisogna proiettarsi sul lungo periodo e guardare ai prossimi incontri in altre città italiane”. Ne parla con l’Adnkronos il politologo Massimiliano Panarari, professore di Sociologia della comunicazione all’Università Mercatorum Roma, certo di un fatto: “la pandemia ha inferto alle primarie una ulteriore picconata”.
Secondo il sociologo, ad incidere sull’impegno politico “dopo la cattività pandemica è sicuramente il periodo estivo in cui le persone anelano a riprendersi degli spazi di libertà personale”. Ma giocano anche altri fattori: “se è stata costruita tra i potenziali militanti di sinistra una competizione accesa tra personalità e visibilità dei competitors e tra tematiche particolarmente caldi e forti”. “Inoltre – sollecita – oggettivamente incide anche una certa ritrosia all’assembramento, fortemente caldeggiata dal centro sinistra con alcune modalità comportamentali e sanitarie. Ed infine – rileva – le primarie oggi non sono più una novità. Sono strumenti usurati a cui vengono derogati i motivi di divisione interna ad un partito, che ne compromettono la credibilità. Invece la partecipazione dovrebbe essere aperta e competitiva, in fair play in modo da evitare successivi ricorsi”.
Un quadro fragile inficiato dalla “picconata pandemica e dal forzato isolamento che hanno reso la mobilitazione dei cittadini sempre più debole e faticosa e problematica. Si spera che il controllo sanitario restituisca fiducia”, conclude il politologo, ma anche che siano rimotivate e ridefinite le regole di svolgimento delle primarie “o la spoliticizzazione e il distanziamento tra gruppi dirigenti e elettori continuerà ad aumentare assecondando un processo in atto dalla prima metà degli anni 80, una tendenza di lungo periodo”. (di Roberta Lanzara)