Nel Pd si apre una nuova crepa col ritiro di Minniti da quelle che erano strade in qualche modo messe ampiamente in preventivo come certe, per ciò che concerne la rinascita del partito in termini di strategia. Ma Minniti dice di no, e scuote lentourage del centro sinistra.
In merito alla rinuncia di Minniti, Renzi afferma: “Non faccio il piccolo burattinaio al congresso”.
Quello che rappresenta però per molti un punto negativo, e una decisione che rallenta il percorso di ricostruzione e di ripartenza dellintero corpo politico di centro sinistra, per altri, e in particolare per il diretto interessato e cioè Minniti, è un vero atto damore verso il partito. Infetti lex ministro Marco Minniti, si è espresso in questi termini nel corso di unintervista a Repubblica, laddove ha spiegato le regioni profonde del suo ritiro della candidatura alla segreteria del Pd: Resto convinto in modo irrinunciabile che il congresso ci debba consegnare una leadership forte e legittimata dalle primarie. Ho però constatato che tutto questo, con così tanti candidati, potrebbe non accadere ha detto Minniti.
Naturalmente questo modo di vederla e soprattutto la decisione di Minniti di dire di no ha scosso nella sua interezza i verti del Pd.
Il Partito Democratico vede ombre fosche e, nei corridoi del Nazareno la vera paura profonda che nessuno vuole affrontare è quella della scissione. O per chiarire con maggior corposità: il timore dellabbandono del campo da parte di colui che ancora oggi rappresenta un punto focale, un cardine e un elemento di coesione tra le correnti di maggioranza del partito: ovvero Matteo Renzi. E se Minniti dunque alla fine dichiara di non aver consultato lex premier per la sua decisione e che una scissione sarebbe un regalo ai nazionalpopulisti, Renzi a sua volta poi invece dichiara: Chiedetemi tutto ma non di fare il piccolo burattinaio al congresso.