(Adnkronos) – “Ancora qualche ora e il Pd avrà un/a nuovo/a leader. Quel che basta a ripartire ma non a consolarsi di tutte le sconfitte e le difficoltà di questi mesi. Si può segnalare che, al netto di qualche intemperanza, lo scontro tra Bonaccini e Schlein è stato tutto sommato abbastanza corretto, a tratti perfino amichevole. E che entrambi hanno allontanato lo spettro della scissione, se mai fosse stato evocato. Non è poco, di questi tempi. Ma neppure moltissimo.
L’altra certezza che questa (troppo) lunga campagna congressuale consegna agli iscritti e agli elettori del Pd è che il nome del partito resterà tale e quale. Certezza non del tutto banale se si considera che il Pd discende da due forze (il Pci, la Dc) che a suo tempo cambiarono le loro insegne in un caso per propiziare il futuro a spese del passato e nell’altro per cercare nel passato remoto la linfa che mancava al presente. Che questa volta la corsa all’anagrafe sia stata evitata è un’altra cosa che può essere considerata con una certa indulgenza.
E qui però finiscono le poche certezze e cominciano, insieme, le incognite e le difficoltà. Intanto perché non è così chiara la demarcazione tra i due candidati. Lavorando un po’ di fantasia si può dire che il front runner Bonaccini sia un candidato che riassume e cerca di innovare con una certa prudenza la breve storia del Pd. E’ stato bersaniano, poi renziano, poi se stesso. Si intuisce in lui una sorta di distaccato riguardo verso i segretari di prima. E soprattutto un’idea di partito non troppo post-moderna, ma semmai attenta a tradizioni, costumi, mestieri, militanze di una volta. L’usato sicuro, si sarebbe detto. E con altrettanta fantasia si potrebbe iscrivere l’outsider Schlein nella categoria dei “nuovisti”. Di coloro cioè che confidano principalmente nella produzione di parole d’ordine e stili di comunicazione fortemente innovativi. Come a cercare di gettare un ponte verso i delusi, gli scontenti, gli outsider, e soprattutto i giovani. Una sorta di neo-radicalismo, per così dire.
Il punto è che i due fronti che si sono andati formando a sostegno dei candidati sembrano essere quasi usciti da un sorteggio. Capicorrente onusti di storia, di gloria e soprattutto di senso pratico si sono schierati con Schlein. Mentre Bonaccini s’è fregiato dell’appoggio di governatori del sud che fino a qualche mese fa gli facevano le pulci per il favore che aveva riservato al principio dell’autonomia differenziata delle regioni. Gusto per fare due esempi. E saltando a piè pari tutti quelli che hanno aspettato e aspettato prima di prendere posizione. Forse nel tentativo di capire quale senso avessero quelle due posizioni.
Dunque, non resta che aspettare il/la leader alla prova dei fatti. Anche sulle alleanze, altro tema cruciale e fin qui largamente eluso. Si intuisce che Schlein possa essere più tenera con il M5S e Bonaccini invece più severo. Come si intuisce che Schlein possa avere una nota di acrimonia in più verso Renzi e Calenda. Ma rischiano di essere solo sfumature, dato che per entrambi la ricostruzione di un ‘campo largo’, e cioè di un’alleanza tra tutte le opposizioni, somiglia molto a una chimera.
Insomma, si annuncia una strada impervia per il Pd, quale che sia l’esito. E però tutta questa contesa avrebbe forse -forse- meritato giudizi meno taglienti di quelli che le sono stati riservati in questi giorni. Perché è vero, il Pd non ha arrestato fin qui la caduta libera di tutti questi mesi. E la stessa idea di radunare sotto il tetto di un unico partito storie politiche così diverse non si è rivelata affatto salvifica. Tutt’altro. Ma il partito s’è trovato a sperimentare in questi ultimi tempi il brusco passaggio che conduce dal servo encomio al codardo oltraggio. E se per anni è stato considerato alla stregua di un architrave del sistema (e come tale trattato con tutti gli onori) all’indomani della sconfitta elettorale è diventato un po’ per tutti il punching ball su cui scaricare impietosamente tutte le ironie, le severità e perfino le contumelie che prima gli venivano risparmiate. Viene da dire che è stato eccessivo l’encomio, ma forse eccessivo anche l’oltraggio.
Resta il fatto che tutto il paese, e perfino il governo, avrebbero bisogno di un partito di opposizione che fosse in campo con un briciolo di vitalità in più. Nei prossimi giorni si vedrà se si tratta di un auspicio di circostanza o di una concreta possibilità”.
(di Marco Follini)