Fino a prova contraria, grazie a Dio, in una condizione di democrazia, rispettando le regole è consentito assumersi le proprie responsabilità nel momento in cui ci si trova di fronte ad una scelta che ci tocca personalmente.
In questo senso, il caso della vaccinazione è emblematico: se lo Stato (malgrado, come si va ripetendo, si rischia la vita), ha deciso di non introdurne l’obbligo, spetta quindi al singolo individuo se accettare o meno di farsi inoculare la dose.
Detto questo, fino a prova contraria, al di la delle differenti posizioni, al momento ‘nessuno’ può interferire in tale decisione.
Dunque, premesso questo, non si riesce allora a capire il perché, da più parti, si continua ad invocare l’istituzione di un apposito patentino che certifichi l’avvenuta vaccinazione: a che scopo? Forse a molti non è chiaro che, purtroppo, vi sono anche categorie di persone che pur volendolo ‘non possono farlo, proprio per problemi di salute. Inoltre, siamo certi che l’eventuale ‘patentino’ (e le sue conseguenti ‘concessioni’), abbia un fondamento di legalità?
Una domanda che, giustamente, la giornalista dell’agenzia di stampa AdnKronos, Roberta Lanzara, ha rivolto ad Alfonso Celotto, noto costituzionalista. “Penalizzare i non vaccinati al covid con il patentino è possibile solo dopo aver messo a disposizione di tutti il vaccino; creerebbe altrimenti cittadini di serie A e serie B, soprattutto perché ad oggi il vaccino non è disponibile per tutti“.
Un discorso che, di fatto, assume ugualmente toni ‘discriminatori’ nel momento in cui viene ‘imposto’ a determinate categorie? “No – replica l’esperto – perché essendo i vaccini ancora non disponibili per tutti occorre fare una graduazione nel tempo. Giusto che scelga il Parlamento, dunque una scelta politica, ma comunque occorre ragionevolezza nella scelta, nel senso che vanno tutelate prima le categorie più essenziali al funzionamento del Paese, come è stato per i sanitari”.
Nello specifico, spiega ancora Celotto, “Se il vaccino fosse disponibile per tutti, potrebbe essere reso obbligatorio da una legge e dunque potrebbe essere sanzionato chi non lo effettua. Nel caso italiano, conseguenze sfavorevoli ai non vaccinati possono essere predisposte a condizione che ci siano vaccini per l’intera popolazione altrimenti si attiverebbe una discriminazione sulla base delle categorie predisposte dal Parlamento. Una violazione dell’articolo 3 della Costituzione, perché differenzierebbe i cittadini per condizioni personali e sociali, ed una discriminazione confermata anche dal Consiglio d’Europa, nella sua ultima risoluzione sul tema a gennaio scorso”.
Non a caso, proprio il Consiglio d’Europa, “nato per garantire democrazia, rispetto dei diritti e principio di legalità attraverso indirizzi ai paesi aderenti, ha dato il chiaro doppio no al passaporto vaccinale, utilizzabile solo per misurare efficacia e potenziali effetti collaterali dei vaccini. E’ un tema dibattuto perché il desiderio di ripresa dell’attività economica e della socialità rischia di innescare gravi discriminazioni, disparità su basi non volontarie. Ma occorre cautela. Sì ad obbligo e patentini in Israele dove i vaccini ci sono per tutti ma non in Italia dove, essendo garantite la preminenza di diritto all’uguaglianza e alla parità del trattamento, una misura del genere è incostituzionale”.
Dunque, la posizione presa da alcuni Paesi, secondo i quali ‘entrano solo i vaccinati’, potrebbe materializzarsi anche in Italia? “La Svezia può mandare i vaccinati in vacanza? – domanda Celotto – E perché no, viene da dire: portano soldi! Ma agli italiani sicuramente questa discriminazione dovrà essere evitata ed almeno all’interno dell’Ue con il Consiglio d’Europa dovrà esserci una linea unitaria che garantisca diritti a tutti. Sicuramente sarà un tema di grande dibattito nei prossimi mesi, ma non possiamo non garantire i principi fondamentali di parità democratica”.
Max