(Adnkronos) – Si attendono per oggi alla Camera e al Senato i nuovi capigruppo delle forze politiche che sono entrate in Parlamento, dopo il voto del 25 settembre. I gruppi voteranno i loro presidenti, in vista delle consultazioni al Quirinale per la formazione del governo, consultazioni che potrebbero partire giovedì 20. In Parlamento l’alleanza guidata dalla premier in pectore Giorgia Meloni non dovrebbe cambiare la catena di comando né tra i meloniani, né tra i leghisti.
In Fratelli d’Italia vengono date per scontate la conferma degli uscenti, Luca Ciriani al Senato e Francesco Lollobrigida alla Camera. I due meloniani dovranno coordinare rispettivamente 66 senatori e 119 deputati. Nella Lega si va verso il secondo giro per Riccardo Molinari a Montecitorio e Massimiliano Romeo a Palazzo Madama. Il deputato piemontese, resta infatti alla guida degli eletti a Montecitorio, dopo essere stato il lizza per la presidenza, poi ‘ceduta’ al veneto Lorenzo Fontana, per decisione di Matteo Salvini.
FORZA ITALIA – Situazione invece fluida in Forza Italia. Dopo le frizioni sul nome di Licia Ronzulli per un ministero di peso, ipotesi poi tramontata, pare probabile che la fedelissima di Silvio Berlusconi possa arrivare a guidare il gruppo di palazzo Madama (18 senatori). Alla Camera invece l’uscente Paolo Barelli potrebbe essere confermato alla testa dei 44 eletti dal partito azzurro. Della coalizione fanno parte anche gli eletti di Noi Moderati (1 senatore e 7 deputati) e un senatore di Coraggio Italia. Per loro ingresso nel gruppo misto, dove i giochi per i presidenti saranno sciolti all’ultimo momento.
SCONTRO TRA PD E TERZO POLO – Per l’opposizione i primi passi della nuova legislatura sono sotto il segno delle polemiche, specie tra Pd e Terzo polo. Da un punto di vista pratico, il primo nodo da sciogliere è l’elezione dei capigruppo. Per il Terzo polo la scelta è stata fatta già all’indomani del voto: Raffaella Paita guiderà i senatori di Iv-Azione e Matteo Richetti i deputati. Per il Pd, invece, le alchimie da combinare sono un po’ più complesse. Si parte dal ‘congelamento’ delle attuali cariche, quindi Debora Serracchiani alla Camera e Simona Malpezzi al Senato.
“A me non hanno fatto sapere nulla. Quindi stanno ancora discutendo”, ha ammesso nel pomeriggio di ieri un peones-matricola dem aggirandosi in un Transatlantico deserto. La scelta sui capigruppo non è semplice perché, oltre che agli equilibri interni, è legata a quella dei nuovi vertici delle Camere. E qui la questione si complica perché serve l’accordo tra le opposizioni e perché tra Pd e Terzo polo ieri sono volati gli stracci per tutto il giorno. Il riferimento tra i dem è quello delle scelte al femminile, soluzione auspicata da Enrico Letta.
Le alternative per gruppi (Anna Ascani alla Camera e Valeria Valente o Anna Rossomando al Senato) dipendono anche dalle nuove presidenze del Parlamento. I dem si aspettano un vice presidente e un questore per ramo, in partenza. Alla Camera l’indicazione di Alessandro Zan come ‘anti-Fontana’ appare in deciso calo. Ma tutto si è complicato, appunto, in forza dello scontro Pd-Azione.
“Se Pd e Cinque Stelle ci tengono fuori ci rivolgiamo al Capo dello Stato”, ha sentenziato Matteo Renzi. Carlo Calenda, a stretto giro, ha fatto sapere che in caso di “spartizione” il Terzo Polo non parteciperà alla votazione. Per i dem si tratta di “tattica”. Lo ha spiegato Francesco Boccia: “Con i numeri che hanno possono avere gli incarichi elettivi, una vicepresidenza è un po’ troppo”. Questo perché, ha chiarito il senatore Franco Mirabelli, “la rappresentanza è proporzionale al peso politico”. Tutto risolto? Nemmeno per sogno, visto che Raffaella Paita ha commentato così: “Boccia vaneggia”.
La mossa di Renzi, per i dem, nasconde un’altra manovra: “Il suo obiettivo sono altri appuntamenti che avremo nelle prossime settimane”, ha spiegato sempre Boccia. Per questo sui tavoli più o meno informali di queste ore gli sherpa Pd, si apprende, stanno chiarendo un concetto: discutiamo degli uffici di presidenza e stop. Copasir e Vigilanza, quindi, restano fuori da questo giro di confronto. Se ne parlerà a tempo debito. Tra l’altro, soprattuto tra i senatori dem, ieri circolava la voce di una attenzione di Renzi per la presidenza della commissione sul Covid.
M5S – La partita, per i 5 Stelle, è nelle mani del vicepresidente Michele Gubitosa, il fedelissimo di Giuseppe Conte che in queste ore ha aperto i contatti con Pd e Terzo Polo. L’ultima parola spetta all’ex premier, naturalmente, ma su questo fronte dovrebbero essere confermati gli uscenti, già rodati, ovvero Mariolina Castellone al Senato e Francesco Silvestri alla Camera (subentrato a Davide Crippa).
Ai 5 Stelle dovrebbe poi spettare, salvo sorprese, la vicepresidenza di uno dei due rami del Parlamento. In pole, da sempre, c’è il ministro uscente e capodelegazione al governo Stefano Patuanelli, perché, con ogni probabilità, è al Senato che il M5S dovrebbe assumere la carica in questione. Se invece dovesse ottenerla a Montecitorio, in pole ci sarebbe la viceministra e vicepresidente Alessandra Todde. Scendono le quotazioni di Chiara Appendino dunque? Tutt’altro. All’ex sindaca di Torino, tra i volti più noti del Movimento in Parlamento scattata la tagliola del tetto dei due mandati, potrebbe andare la presidenza di una delle due commissioni di garanzia che dovrebbe andare ai 5 Stelle, salvo sorprese (leggi Terzo Polo). Non è una novità che al Movimento faccia più ‘gola’ la Vigilanza Rai che il Copasir, ma qui la partita è tutta da giocare. Con Renzi, ‘nemico giurato’ di Conte, pronto a dare filo da torcere.